Venti di guerra da Baghdad: a tre anni dalla partenza delle truppe americane dal Paese, i ribelli dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) minacciano di marciare sulla capitale per conquistarla e creare uno stato islamico, fondato dalla Shari’ia.
Quasi un milione i civili fuggiti dalla seconda città del Paese, Mosul, occupata dai miliziani due giorni fa. Ieri, invece, era stata presa Tikrit, città a nord di Baghdad e roccaforte dei fedelissimi dell’ex leader Saddam Hussein; la polizia locale ha annunciato che solo oggi l’esercito iracheno ha ripreso il controllo della zona. Ancora controllate dai ribelli Ninive e l’intera provincia di Baiji, ricca di pozzi petroliferi.
A queste pericolose conquiste territoriali, si aggiungono gli attentati suicidi in tutto il Paese e l’occupazione del consolato turco a Mosul, dove sono tenute in ostaggio una cinquantina di persone di nazionalità turca. Il presidente della Turchia Recep Erdogan ha tuonato in difesa di questi ultimi, minacciando l’Isis di rappresaglie, qualora le persone sequestrate non dovessero essere rilasciate a breve.
Il parlamento iracheno, su richiesta del primo ministro Nuri al Maliki, ha dichiarato lo stato d’emergenza, mentre il governo ha promesso appoggio, anche armato, a chiunque vorrà intervenire contro il terrorismo di jihadisti e qaedisti. Immediata la risposta di Washington: la portavoce del Dipartimento di Stato Jennifer Psaki ha dichiarato che gli USA “sono pronti a tornare in Iraq e a governare col governo iracheno le autorità del Paese per dare una risposta unita all’aggressione dell’Isis”. Ore di tensione, dunque, in attesa dei prossimi sviluppi.
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