Sembra che il sistema immunitario possa giocare il suo ruolo nella triste partita che riguarda le persone affette dal morbo di Alzheimer. A scoprirlo alcuni studiosi della statunitense Duke University, che hanno identificato nell’anormale consumo dell’aminoacido arginina da parte di alcune cellule uno dei fattori scatenanti della malattia.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Neuroscience, è stato effettuato sui topi e la somministrazione di una molecola che blocca il consumo di arginina è servito ad evitare la comparsa delle caratteristiche placche cerebrali e l’associata perdita di memoria. Secondo quanto mostrato dallo studio l’insorgere della malattia attiverebbe un tipo di cellule immunitarie cerebrali, le “microciglia”: queste esprimono a loro volta una molecola – battezzata CD11c – in grado di inibire l’efficienza del sistema immunitario e che “consuma” arginina. Un semplice farmaco in grado di inibire questa deprivazione locale di arginina – la difluorometilomitina (Dfmo) – si è dimostrato efficace nel prevenire i sintomi della malattia (almeno nei topi).
Il prossimo passo sarà quello di studiare gli effetti del Dfmo – già utilizzato in alcune terapie tumorali – nei casi di malattia già conclamata.
Due parole sul morbo di Alzheimer. E’ la forma più comune di demenza (rappresenta il 50-80% dei casi) che comporta la perdita di memoria e di altre abilità intellettuali talmente grave da interferire con la vita quotidiana. In Italia ne soffre più di un milione di persone.
Il morbo di Alzheimer non rappresenta un normale elemento dell’invecchiamento, anche se il massimo fattore di rischio conosciuto è rappresentato dall’aumentare dell’età, e la maggior parte delle persone affette dal morbo di Alzheimer hanno 65 e più anni. Ma non è solo una malattia della vecchiaia. Fino al 5 per cento delle persone che soffrono di questa malattia riscontra un’insorgenza precoce del morbo di Alzheimer (noto anche come “insorgenza anticipata”), che spesso appare quando una persona ha tra i quaranta e cinquanta anni, o tra i cinquanta e sessant’anni.
La malattia è progressiva: i sintomi di demenza peggiorano gradualmente in un certo numero di anni. Nelle sue fasi iniziali, la perdita di memoria è leggera; poi, in fase avanzata, le persone perdono la capacità di portare avanti una conversazione e di reagire nel loro ambiente.
Negli Usa il morbo di Alzheimer rappresenta la sesta causa di morte. Chi soffre del morbo di Alzheimer vive in media otto anni dopo che i sintomi diventano evidenti agli altri. Tuttavia, la sopravvivenza può variare da quattro a vent’anni, a seconda dell’età e di altre condizioni di salute.
Attualmente, il morbo di Alzheimer è incurabile anche se sono disponibili dei trattamenti per i sintomi, che possono rallentarne temporaneamente il peggioramento.
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