Dopo gli attentati a Parigi, l’Italia riscopre la paura dei terroristi. Stamattina una sezione della metropolitana di Roma è rimasta chiusa per mezz’ora a causa di un allarme bomba, poi rivelatosi infondato.
Ad attirare l’attenzione era stato un sacchetto di plastica abbandonato sulla banchina nella stazione di Lepanto, lungo la linea A. Mentre le autorità della capitale hanno chiuso il tratto fra le fermate Termini e Ottaviano, gli artificieri hanno constatato che la busta sospetta non era pericolosa – conteneva solo un narghilè – e hanno dato il via libera alla riapertura della stazione.
Le forze dell’ordine sono intervenute altre due volte nel pomeriggio nelle stazioni di Cornelia, sempre sulla linea A, e Torre Gaia, sulla linea C.
Altri falsi allarmi si erano registrati ieri sera in via Veneto e nella tarda mattinata di oggi all’aeroporto di Fiumicino, per un bagaglio – contenente solo effetti personali – dimenticato a poca distanza dal terminal degli autobus.
Ieri sera l’ambasciata USA ha trasmesso al governo un rapporto dell’FBI con un elenco di potenziali bersagli di attentati terroristici: luoghi di culto come chiese e sinagoghe, ma anche cinema, teatri, alberghi e ristoranti. Fra gli obiettivi più sensibili, in particolare, il documento nomina la basilica di San Pietro, il Teatro alla Scala e il Duomo di Milano.
Le autorità hanno prontamente alzato il livello d’allerta. A Milano chiunque entri nel Duomo deve passare per un metal detector, e i militari di guardia perquisiscono borse e zaini.
A Roma il prefetto Franco Gabrielli ha annunciato di aver esteso la no-fly zone in occasione dell’Anno santo: “Ci sono alcune zone della Capitale, praticamente tutta la città, che sono interdette al volo aereo per tutto il periodo del Giubileo”, ha detto Gabrielli a margine di una conferenza stampa.
Le forze di sicurezza si concentrano sulla prima settimana di dicembre. Il 7 a Milano coincidono la festa di sant’Ambrogio e la prima della Scala; il giorno dopo, a Roma, è in programma l’apertura della Porta Santa, che inaugurerà il Giubileo straordinario indetto da papa Francesco.
Il Governo predica l’equilibrio. “Dobbiamo reagire con determinazione e non permettere alla paura di oscurare la libertà”, ha scritto il presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla sua newsletter eNews: “Dobbiamo reagire, certo senza rinunciare a vivere”. Parole in linea con l’appello di ieri a non lasciarsi contagiare dall’isteria.
Ma le continue segnalazioni di allarme nelle ultime ore rivelano che la vita quotidiana non è già più identica a com’era prima degli attentati. Come avverte il presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco, “non si può negare che ci siano dei timori, purtroppo nessuno può escludere a priori di essere sotto l’attenzione di queste brutalità”.
E anche Giuseppe Roscioli, presidente della Federalberghi di Roma, denuncia: “I tour che passavano per Parigi e arrivavano a Roma sono stati quasi tutti cancellati”. “A venir meno sono stati soprattutto i potenziali visitatori provenienti dal sud-est asiatico, Giappone, Cina, Corea”.
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha spiegato che le forze di sicurezza italiane stanno lavorando all’identificazione di cinque sospetti, anche in base a una segnalazione dell’FBI.
In giornata è arrivata anche una rivendicazione di sedicenti miliziani dell’ISIS che si autoaccusano dell’attentato al missionario italiano Piero Parolari, ferito ieri a colpi d’arma da fuoco nel nord del Bangladesh. Anche l’omicidio del cooperante Cesare Tavella, ucciso lo scorso 28 settembre nella capitale Dhaka, era stato rivendicato da una cellula dell’autoproclamato Califfato; ma le autorità bengalesi sono convinte che le quattro persone arrestate dopo circa un mese non abbiano alcun legame con i jihadisti, la cui presenza in Bangladesh, d’altra parte, è ancora tutta da dimostrare. Secondo Dhaka, nel Paese operano gruppi che attaccano indiscriminatamente gli stranieri – meglio se occidentali – per destabilizzare l’ordine pubblico.
Intanto in Francia e in Belgio le indagini sugli attentati proseguono a ritmo serrato. Oggi le autorità di Parigi hanno confermato che i due jihadisti morti nel raid di ieri a St. Denis sono Abdelhamid Abaaoud, ritenuto la mente dell’attacco, e sua cugina Hasna Aitboulahcen. Resta sconosciuta la sorte di Salah Abdeslam, uno degli esecutori materiali dell’attentato.
A Bruxelles nelle ultime ore la polizia belga è intervenuta sette volte. Un uomo è stato arrestato a Laeken, un sobborgo della capitale dove sorgono una residenza reale e l’Atomium, dove si è registrato un altro falso allarme bomba. Nelle altre sei perquisizioni si cercavano amici e parenti di Bilal Hafdi, uno dei terroristi che si sono fatti esplodere a Parigi, che in Belgio era indagato da mesi nell’ambito di un’altra inchiesta.
Gli inquirenti belgi avevano fascicoli aperti anche contro Abaaoud, sia a proposito della sua partecipazione alla cellula jihadista di Verviers, sia per aver costretto il fratello minorenne a seguirlo in Siria. Queste considerazioni hanno spinto il Washington Post a sollevare dubbi sulla condotta delle indagini da parte delle autorità belghe, accusate di essersi lasciate sfuggire quelli che poi si sarebbero resi responsabili dell’attacco a Parigi. Avvalorerebbe la tesi l’indiscrezione secondo cui Salah Abdeslam, il latitante più pericoloso d’Europa, non sarebbe stato riconosciuto da una pattuglia belga che lo aveva fermato durante la sua fuga dalla Francia.
Il premier Charles Michel ha risposto difendendo il lavoro dei suoi servizi segreti. Il Belgio, d’altra parte, non è solo fra i Paesi criticati per la gestione della sicurezza. Brahim Abdeslam, il fratello di Salah che si è fatto esplodere al Bataclan, era stato espulso dalla Turchia pochi mesi fa per aver tentato di attraversare il Paese e andare a combattere in Siria: si legge oggi su alcuni giornali turchi, che in sostanza accusano le autorità di Ankara di essersene lavate le mani. E anche in Francia Le Monde ha puntato il dito contro i servizi di sicurezza, rei a suo dire di raccogliere più informazioni di quante ne riescano ad analizzare. Gli 007 di Parigi sapevano che sul territorio nazionale si stava preparando “un’operazione”, accusa il quotidiano, ma non sarebbero stati “in grado di intercettare in tempo il commando”.
Oggi Michel ha proposto al Parlamento un pacchetto di misure antiterrorismo d’emergenza. La più discussa, che richiederebbe una riforma costituzionale, prolungherebbe da 24 a 72 ore il periodo per cui i sospetti fermati possono essere trattenuti in stato di detenzione prima che siano formalizzate le accuse contro di loro. Fra gli altri suggerimenti c’è quello di adottare unilateralmente il PNR, il dispositivo di registrazione dei passeggeri aerei oggi ricordato anche dal premier francese Manuel Valls, senza aspettare il via libera della UE.
F.M.R.
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