Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ovvero, se c’è per caso qualcuno, che non sia stato tentato, almeno una volta, di impadronirsi del telefonino del proprio partner e di sbirciare furtivamente il contenuto almeno dell’ultimo sms arrivato…. si faccia avanti! Ma si penta e giuri a se stesso di non farlo più. Sappia infatti costui che, oltre ad avere violato la sfera intima, personale dell’altro, ha commesso un reato per il quale, in un ipotetico futuro da impenitente, dovrà rispondere in sede penale.
La Corte di Cassazione ha configurato in ‘delitto di rapina’ l’azione, nel caso specifico violenta, di impossessarsi di un cellulare altrui, sottraendolo al legittimo proprietario, al solo fine di “prendere cognizione dei messaggi che la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto” e così “violando il diritto alla riservatezza” e incidendo “sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane”. Sono queste le ragioni per cui la Suprema Corte ha condannato a due anni e due mesi di reclusione un giovane di Barletta che aveva sottratto con la forza il cellulare alla ex ragazza. In pratica, Pasquale C., 24enne pugliese, che dopo l’ennesima lite si era impadronito del telefonino della fidanzata che spiare il contenuto dei suoi messaggi e verificare in questo modo la sua fedeltà.
Con questa decisione, i supremi giudici hanno stabilito che la finalità di sottrarre un cellulare per leggerne il ‘contenuto’ “integra pienamente il requisito dell’ingiustizia del profitto morale”. In questo caso, “la pretesa” di Pasquale C. di “‘perquisire” il telefono della sua ex alla ricerca di messaggi compromettenti, assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta, proprio perché, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna”. Inoltre la Cassazione – con il verdetto 11467 della Seconda sezione penale, depositato il 19 marzo scorso – ricorda che “l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’articolo 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione”.
Per la Suprema Corte, “la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine” e nessuno può avanzare “la pretesa” di “perquisire” i cellulari altrui, soprattutto delle ex e degli ex, per cercare ‘prove’ di nuove o preesistenti relazioni. Pasquale C. aveva cercato di difendersi sostenendo che la sua azione non era stata “ingiusta” perché voleva solo “dimostrare al padre della sua ex fidanzata, attraverso i messaggini telefonici, i tradimenti perpetrati dalla figlia”. Questa ‘spiegazione’ non ha impedito la condanna per rapina e a nulla è servito all’imputato far presente che nella fase cautelare il Tribunale del riesame “aveva escluso il reato di rapina reputando insussistente il requisito dell’ingiustizia del profitto.
Dunque, signori miei, tanto vale giocare a fidarsi. In caso contrario, rassegnatevi ad essere giudicati alla stregua di un qualsiasi malfattore. Anzi, della peggiore specie. Di quelli che, se potessero, ruberebbero anche i sogni del proprio partner per scoprire cosa quali fantasie recondite pervadono la sua mente mentre dorme. E’ questo amore?
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