Si illumina di verde anche l’ultimo semaforo per il salvataggio di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. La Banca d’Italia ha confermato stamattina la cessione della parte sana delle attività delle popolari venete al gruppo Intesa Sanpaolo, così come prevedeva il decreto approvato dal governo di Paolo Gentiloni.
Palazzo Koch ha anche nominato i commissari liquidatori delle due banche. Fabrizio Viola, ex ad di Popolare Vicenza, farà parte di entrambi i collegi. Per l’istituto vicentino sarà affiancato da Claudio Ferrario e Giustino Di Cecco, mentre per Veneto Banca gli altri due commissari sono Alessandro Leproux e Giuliana Scognamiglio.
Intesa ha chiarito che l’esito positivo dell’operazione dipenderà dall’approvazione del DL da parte del Parlamento. Il contratto di cessione, scrive il gruppo in un comunicato, “include una clausola risolutiva, che prevede l’inefficacia del contratto e la retrocessione alle banche in liquidazione coatta amministrativa del perimetro oggetto di acquisizione, in particolare nel caso in cui il Decreto Legge non fosse convertito in legge, ovvero fosse convertito con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo l’operazione, e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge”.
Il decreto approvato ieri sera, in una riunione-blitz del Consiglio dei ministri, inquadra la “liquidazione ordinata” dei due istituti di credito veneti: crea cioè la cornice per autorizzare il passaggio delle parti sane delle due banche al gruppo Intesa Sanpaolo.
Lo Stato sborsa subito 5,2 miliardi di euro per tenere aperte da stamattina le filiali dei due istituti ed evitare il caos che si sarebbe creato nel caso di un “fallimento disordinato”. A questi si potrebbero aggiungere altri 12 miliardi in garanzie di vario genere emesse dallo Stato. Il totale potrà arrivare fino a poco più di 17 miliardi, circa un punto del PIL. Naturalmente, per stabilire quanto costerà alla fine l’intera operazione, si dovrà aspettare di sapere quanto lo Stato riuscirà a spuntare dalla vendita delle parti “malate” delle due banche una volta risanate.
Come hanno notato diversi commentatori, si tratta in ogni caso di un grosso favore a Intesa-Sanpaolo, che è già uno dei gruppi bancari più solidi d’Europa, e che oggi in Borsa ha fatto segnare un aumento deciso. La Commissione UE ha dichiarato che si tratta di aiuti di Stato, ma ha deciso di approvarli ugualmente per la situazione particolare dell’economia veneta: il salvataggio, sostiene, potrebbe rilanciare l’economia locale, mentre il fallimento “disordinato” – oltre a creare un numero non indifferente di disoccupati – avrebbe potuto privarla di capitali importanti.
Secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il governo non dovrà decretare nuovi stanziamenti eccezional:a dicembre scorso – in occasione della crisi di MPS – aveva già deciso di poter spendere fino a 20 miliardi di soldi pubblici per salvare altre banche in crisi.
Nella conferenza stampa che ha tenuto subito dopo il CdM, il premier Gentiloni ha detto di confidare “che questa decisione avrà in Parlamento il sostegno che merita, cioè il più ampio possibile”.
La crisi di Veneto Banca e Popolare Vicenza risaliva a prima della crisi economica mondiale, come ha ricordato lo stesso premier, e aveva “raggiunto livelli che hanno reso necessario un intervento di salvataggio”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo anni di temporeggiamenti da parte di amministratori delle banche e dello Stato, è stata il pronunciamento della Banca centrale europea, che venerdì scorso le ha dichiarate in dissesto.
La BCE ha anche detto di non considerare le due banche abbastanza grandi da generare conseguenze “sistemiche” in caso di fallimento (cioè da poter travolgere tutto l’ordinamento bancario italiano). Questo ha permesso all’Italia di non applicare la direttiva BRRD della UE, quella che obbliga lo Stato a tentare prima di tutto il bail-in, cioè il salvataggio delle banche con i soldi di investitori e risparmiatori invece che con denaro pubblico. Così il governo ha potuto agire in autonomia, e ha deciso di intervenire con i soldi dei contribuenti, memore delle proteste seguite nel 2015 ai salvataggi delle quattro banche popolari dissestate.
Per definire tutti i dettagli dell’operazione, il ministro Padoan e il suo staff hanno passato tutto sabato pomeriggio a Palazzo Chigi, facendo slittare di un giorno il Consiglio che ha approvato il testo definitivo del decreto.
F.M.R.
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