Con quattro giornate di anticipo, il Cruzeiro di Belo Horizonte ha conquistato con il 3-1 esterno al Vitòria il terzo titolo di campione brasiliano.
Dopo una lunghissima cavalcata trionfale, il Cruzeiro, una delle due grandi riconosciute del fùtebol di Belo Horizonte (l’altra è l’Atlètico Mineiro), ha messo d’accordo, nel turno infrasettimanale di mercoledì, anche la matematica: 3-1 esterno al Vitòria e terzo titolo di campione brasiliano in bacheca.
Un titolo che si va ad aggiungere a quelli del 1966 (sia pur riconosciuto postumo, come tutti quelli risalenti al periodo della Taça Brasil e a quella Roberto Gomes Pedrosa, cioè antecedenti il campionato unico su base nazionale che vide la luce solo nel 1971) e a quello del 2003.
Un successo atteso da dieci anni, dunque, ma ampiamente annunciato visto il vantaggio abissale maturato su una concorrenza che non è mai riuscita ad impensierire a fondo la “raposa” (volpe, il simbolo del club mineiro).
Solo il Botafogo di Seedorf era sembrato, fino a settembre, in grado di tenere il passo ma poi è crollato e il Gremio, subentrato ai bianconeri di Rio come seconda forza, allenato da un’altra nostra conoscenza, Renato Portaluppi, non è mai riuscito ad avvicinarsi alla capolista, sino a farsi scavalcare anche dalla grande sorpresa del torneo, l’Atletico Paranaense.
Il Cruzeiro ha conquistato il titolo con l’impressionante vantaggio di 16 punti sui rossoneri del Paranà, con la seconda miglior difesa del torneo (30 reti subite, meno solo del bunker del Corinthians, però anemico davanti), l’attacco largamente migliore del Brasileirao (72 reti!) per un saldo positivo che recita un ragguardevole 42.
E il tutto con ancora quattro giornate in calendario da disputare. Uguagliato il primato di più largo anticipo nella matematica certezza del successo, da quando la Cbf, nel 2003, ha sostituito la formula del “mata mata” (così in Brasile chiamano i playoffs) con quella dei “pontos corridos”, del Sao Paulo del 2007.
Una vittoria che la “Naçao Azul” (la torcida cruzeirense) aveva già iniziato a festeggiare con i propri beniamini al termine della penultima gara, vinta 3-0 con il Gremio nel nuovissimo “Mineirao”. I festeggiamenti sono proseguiti, sfrenati, anche dopo la vittoria al Barradao di Salvador e non senza l’immancabile coda tragica di un ragazzo 16enne che, caduto da un fuoristrada, ha perso la vita.
Grande merito per l’affermazione della plurititolata formazione mineira (anche due coppe Libertadores esibite nella ricchissima sala trofei) va al tecnico, Marcelo Oliveira, capace di assemblare al meglio un complesso ricco di talento.
Una corazzata, verrebbe da dire, perché la squadra degli immigrati italiani del Minas Gerais (nacque, infatti, con il nome di Palestra Italia, poi mutato in Cruzeiro quando il Brasile dichiarò guerra ai Paesi dell’Asse, esattamente come dovette fare anche il Palmeiras a San Paolo) non presenta punti deboli ed è ricchissima di alternative in ogni settore.
Difficile, dunque, isolare dei protagonisti. Ma, dovendo scegliere, segnaliamo il portiere Fàbio, tra i migliori in assoluto nel ruolo, da tempo nell’orbita della Seleçao (dove è chiuso da Julio Cesar), i difensori Egìdio e Dedè, quest’ultimo ottimo acquisto per cifre record dal Vasco, il centrocampista Nilton, autore di una delle segnature più spettacolari della stagione con cui si era aperto il 3-0 al Botafogo (autentica partita-manifesto del Brasileirao della “raposa”) e, poi, la straordinaria messe di centrocampisti offensivi e attaccanti da far invidia a tutto il Sud America.
Ricardo Goulart, l’ex giallorosso, acquistato in corso d’opera, Jùlio Baptista, Willian, il centroboa a lungo contestato, Borges, il rientrante da un lungo infortunio, il talentuosissimo Dagoberto. Ma, soprattutto, Everton Ribeiro, vera rivelazione dell’intero torneo, giocatore in possesso di tecnica raffinata e di un cambio di passo che anche a queste latitudini, con un calcio verdeoro che tende sempre più ad europeizzarsi, comincia ad essere merce rara.
Una formazione dalla innegabile vocazione offensiva, in grado di attaccare a pieno organico e di trovare soluzioni precluse ai più anche contro difese schierate.
Un plauso va, infine, alla dirigenza del club che ha fatto veramente le cose in grande, programmando nei minimi dettagli questo successo anche per rendere la pariglia agli eterni rivali cittadini dell’Atlètico di Ronaldinho, che in estate avevano conquistato la loro prima Copa Libertadores e che ora rappresenteranno il Sud America nel Mondiale per club.
E c’è da scommettere che, comunque vada per il “galo” (soprannome dell’Atlètico) in Marocco, il Cruzeiro si presenterà ai nastri di partenza della prossima Libertadores con la convinzione di strappare ai rivali la prestigiosa Copa per ribadire la propria superiorità, in campo internazionale oltreché nazionale (i bianconeri prevalgono solo nel computo degli Estaduais ma la volpe può esibire ben tre titoli nazionali a uno, quattro coppe nazionali a zero e una Libertadores in più), sui cugini.
Un esempio lampante di come una rivalità cittadina possa fungere da straordinario propellente per entrambe le contendenti.
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