Boris Johnson non si candiderà a guidare il Partito Conservatore e il Governo britannico. Lo ha annunciato a sorpresa lo stesso ex sindaco di Londra, per poi uscire dalla sala della conferenza stampa senza rispondere ad altre domande.
“Dopo essermi consultato con i miei colleghi e considerate le circostanze in Parlamento sono arrivato alla conclusione che il nuovo leader non posso essere io”.
Uomo chiave della “fronda” pro-Brexit nel Partito Conservatore, Johnson era considerato uno dei candidati più credibili per succedere a David Cameron, che si è dimesso dopo aver perso il referendum sulla permanenza nella UE. Dopo il colpo di scena di oggi, non sarà lui il responsabile dei negoziati per l’uscita dall’Unione Europea. Si è ritirato dalla corsa a Downing Street alla fine di un monologo di una ventina di minuti su quello che secondo lui “dovrebbe essere il programma del nuovo leader”.
Per la poltrona di segretario del partito e capo del Governo – due ruoli che la tradizione istituzionale britannica assegna alla stessa persona – restano in lizza Theresa May, ministro dell’Interno fedele alla linea europeista di Cameron, e a sorpresa Michael Gove, ministro della Giustizia che ha partecipato alla campagna referendaria insieme a Johnson. Hanno presentato candidature ufficiali, ma con meno chance di vittoria, anche il ministro del Lavoro Stephen Crabb, la ministra dell’Energia Andrea Leadsom e il deputato Liam Fox. Il primo turno di votazioni toccherà ai deputati conservatori, che sceglieranno fra questi cinque candidati i due che avanzeranno al ballottaggio. Il prossimo 9 settembre, l’ultima parola spetta ai 150 mila tesserati del Partito Conservatore.
Nei giorni scorsi, Gove aveva escluso di volersi candidare come primo ministro. Alcuni giornali avevano ipotizzato che Johnson – se si fosse candidato e se avesse vinto la sfida con la May – gli volesse riservare l’incarico di Cancelliere dello Scacchiere, il superministro delle Finanze e del Tesoro che lavora al numero 11 di Downing Street (il numero 10 è la residenza istituzionale del premier).
Oggi la May si è definita “la persona migliore per fare il premier della Gran Bretagna”. È la favorita anche secondo la stampa. Se sarà nominata, ha promesso di non convocare elezioni anticipate prima della scadenza della legislatura, nel 2020. In compenso ha dichiarato che le sue idee non le impediranno di dare seguito alla volontà degli elettori: “Brexit vuol dire Brexit”, ha detto, e ha affermato che sotto la sua guida lo Stato “potrebbe” attivare la procedura prevista dall’Articolo 50 del Trattato di Lisbona “entro la fine del 2016”.
Come ha ricordato oggi Margaritis Schinas, il portavoce della Commissione UE, il ricorso all’articolo 50 “è l’unico modo” per avviare il divorzio tra Regno Unito e UE, e “soltanto il governo britannico può notificarlo”.
F.M.R.
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