“Lo Stato può fare quello che desidera: sconterà che una buona parte di manager vada via, lo deve mettere in conto”. La reazione di Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato è dura e inequivocabile.
Il casus quo è da ricercare nell’idea di Renzi di tagliare gli stipendi dei manager delle società controllate o partecipate dal pubblico equiparandoli al massimo all’indennità percepita dal Capo dello Stato: 239 mila euro l’anno.
Uno stipendio che per la maggior parte degli italiani resta un sogno, ma che suona come un pugno nell’occhio per i super manager, i quali percepiscono emolumenti spesse volte superiori, e di molto anche, a questa ragguardevole cifra.
Moretti, ad esempio, qualora passasse la linea Renzi, dovrebbe salutare il suo stipendio da poco più di 870mila euro l’anno; Mauro Masi, amministratore di Consap, invece dovrebbe rinunciare a buona parte dei 473 mila euro di sue spettanze. Un bel taglio, ma mai quanto quello che potrebbe toccare al suo parigrado di Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini, che ha incassato oltre 1 milione di euro, o a Mauro Sarmi, Amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane, che nel solo 2012 si è portato a casa 2,2 milioni di euro.
E ancora: si vedrebbero ridurre lo stipendio, tra gli altri, anche Pietro Ciucci, amministratore di Anas a circa 750mila euro, Maurizio Prato, presidente e Amministratore delegato della Zecca di Stato a 600mila euro Nando Pasquali, alla guida del Gestore dei servizi energetici a oltre 400mila euro.
Anche i presidenti delle stesse società, il cui trattamento economico è usualmente inferiore a quello degli amministratori delegati, sono a rischio sforbiciata: in casa Ferrovie, Lamberto Cardia dovrebbe rinunciare a quasi 60mila euro l’anno, visto che attualmente ne percepisce circa 300mila per il suo incarico; stesso discorso per il presidente di Poste Italiane, Giovanni Ialongo, il cui stipendio si attesta a circa 900mila euro l’anno.
L’imponenza di questi numeri, però, si consolida nell’immagine complessiva dell’impatto economico sui conti nazionali dei 29 Cda delle altrettante società controllate dal Ministero dell’Economia: nel solo 2012 si parla di circa 13milioni e mezzo di euro.
Alle critiche arrivate da Moretti, Renzi, da Bruxelles, ha replicato affermando di voler “affrontare la questione con saggezza e intelligenza”. “Sono convinto – ha aggiunto il premier – che quando Mauro Moretti vedrà la ratio dell’intervento sarà d’accordo con me”.
Per quanto riguarda la revisione degli stipendi dei manager, secondo il ministro alla Pubblica Amministrazione Marianna Madia
“ci sarà sicuramente una proposta del governo”. Attualmente nella pubblica amministrazione “gli stipendi massimi sono equiparati a quanto percepito dal primo presidente di Corte di Cassazione. È stata già fatta una circolare – conclude il ministro – dove, tra l’altro, esplicito che in questo tetto, facendo riferimento ad una norma del Governo Letta, debbano essere cumulati anche tutti i trattamenti pensionistici, compresi i vitalizi”.
Moretti, dalla sua, illustrando il piano industriale per il triennio 2014 – 2017 di Ferrovie dello Stato, ribadisce come fare l’Ad della azienda “è una storia di fatica, non di giochetti per avere mezzo minuto di visibilità in tv. Nel 2006 nessuno voleva questa poltrona”. Poi ricorda a chi vorrebbe ridimensionare gli stipendi che “questo è uno dei lavori più duri che si possa immaginare in Italia e nel resto del mondo, una realtà in cui ci si gioca ogni giorno se stessi” e chiede di essere “misurato sui risultati, perché sulle chiacchiere non si misura nessuno”.
Replica il senatore forzista Francesco Aracri “prima di parlare della retribuzione di Moretti, che va tagliata vogliamo parlare dello scorporo di Rete Ferroviaria Italiana dalla Holding FS per diventare normali e garantire l’apertura alla competizione, vogliamo parlare dello stato disastroso dei servizi ferroviari del trasporto locale per i pendolari, vogliamo verificare se il mondo delle partecipate di FS serve alla qualità dei servizi ferroviari, vogliamo indagare su come RFI chiude le linee ferroviarie minori, sulla condizione del trasporto merci in Italia e quello degli investimenti ferroviari”.
“Il Presidente del Consiglio – aggiunge Aracri – ha detto che se non ci saranno a maggio gli 80 euro di sgravi fiscali potrà definirsi un buffone, ma anche se non taglierà gli stipendi dei cosidetti ‘supermanager’ sarà considerato nello stesso modo”.
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