La saga dei Casamonica continua occupando spazi televisivi serali, in modo del tutto incomprensibile ed ingiustificato, per dare voce ai discendenti di ‘re’ Vittorio, tanto osannato nel giorno del famigerato funerale-show nella chiesa di Don Bosco, a Roma. Ieri sera, su Rai Uno, Bruno Vespa ha aperto il salotto di ‘Porta a porta’ a Vera Casamonica, capostipite del clan di Vittorio, le cui esequie sono state accompagnate il 20 agosto scorso dalla colonna sonora del Padrino e da una pioggia dal cielo di petali di rosa.
”Per noi lui era un re. Lui era un papà buono, assomigliava al Papa buono, che era Wojtyla”, ha detto l’erede, classe 1968, nel tentativo di giustificare tutto ciò che di quella sceneggiata cafonesca e provocatrice è già stato ampiamente contestato: il ritratto del defunto vestito di bianco, con tanto di croce al collo, che campeggia su San Pietro, la scritta “Re di Roma”. L’accostamento al Papa? Vittorio per i figli era buono come il pane, anzi di più: “Si vede già dalla faccia”, dice Vera che lo paragona, senza pensarci un secondo di più, a Giovanni Paolo II. Re di tutti i romani? “Ma no – dice il nipote – era re nei nostri cuori”. ”Il Padrino è un film che a lui piaceva, come gli piaceva quella musica – spiega ancora Vera – Da lassù mio padre è contento perché abbiamo fatto il funerale che piaceva a lui. Noi siamo abituati a fare i funerali così”.
Dunque, nessun messaggio subliminale o manifesto, né attraverso la gigantografia che per un giorno intero ha campeggiato sulla facciata di una chiesa romana, né tanto meno attraverso la colonna sonora che nel film di Coppola tratto dal romanzo di Mario Puzo, il Padrino, accompagna la descrizione della vita di don Vito, capostipite del clan mafioso Corleone. Nessun funerale ‘da padrino’, semplicemente in stile Casamonica, secondo gli usi e i costumi di una famiglia numerosissima di zingari, molti dei quali sono incensurati e nullatenenti (da qui il motivo per cui sono anche assegnatari di alloggi popolari).
Se non è piaciuto lo show del funerale, che sarebbe passato inosservato se non vi fosse stato intorno un cancan mediatico esagerato, ancor meno è piaciuta la trasmissione della Rai affidata a Bruno Vespa. Lo testimoniano sui social network frasi come: “Vergognatevi di dare spazio televisivo a questa gente». «Giornalismo becero». «È aberrante, vergognoso e paghiamo anche il canone per dare voce a questi personaggi, stasera è stato quanto mai diseducativo! Vergogna, vergogna ma che razza di giornalismo è questo!». Espressioni nette ed inequivocabili di una sonora bocciatura da parte dei telespettatori italiani.
Insurrezione anche a livello di Pd romano: “Uno spettacolo vergognoso ed offensivo quello al quale i cittadini e le cittadine romane in primis, ma anche tutti gli italiani, hanno dovuto assistere ieri sera durante la trasmissione ‘Porta a Porta’ di Bruno Vespa” per il quale in una nota si chiede “ai parlamentari eletti nel collegio di Roma e del Lazio e a quelli che siedono nella commissione di vigilanza Rai di intervenire perché sia fatta piena luce immediatamente su questa incredibile vicenda, che ha visto esponenti di una famiglia i cui intrecci e commistioni con la malavita organizzata non solo romana sono noti e di lunga data, trovare spazio sulla rete ammiraglia della tv pubblica per rappresentare le loro tesi aberranti, grottesche e provocatorie, peraltro senza la presenza di un contraddittorio che ne potesse smentire o contestare in tempo reale le mistificazioni riportate. Presenteremo, inoltre, immediatamente all’assemblea di Roma Capitale una mozione di censura di questo abuso compiuto ai danni del servizio pubblico, dell’immagine della Capitale e di tutti coloro che sono impegnati per combattere le mafie e la criminalità organizzata”.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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