Il castigliano era il grande favorito della vigilia e ha tenuto fede ai pronostici. Ma non si è limitato a questo. Le prestazioni fornite lungo le strade dell’ultimo Giro d’Italia, conclusosi domenica nella tradizionale cornice di Milano, hanno lasciato negli occhi dei tantissimi appassionati ( e sì perché sono ancora veramente in tanti a seguire con grande partecipazione le vicende del pedale, nonostante le nubi sempre più numerose che si sono addensate sui suoi protagonisti) la sensazione di aver assistito alla consacrazione di un autentico fuoriclasse. Non una semplice vittoria, dunque, ma un dominio.
Di Contador hanno colpito la grande personalità e la sicurezza nel gestire la corsa. E qui l’accostamento con un altro illustre spagnolo, Miguel Indurain, verrebbe abbastanza semplice. Il navarro andava più veloce a cronometro, ma Alberto si difende benissimo anche nelle sfide contro il tempo. Molto potente nella pedalata. In questo ricorda Lance Armstrong che, probabilmente, era in grado di sviluppare ancora più energia, ma con la differenza che la pedalata dell’ultima maglia rosa risulta essere più “rotonda”, più elegante da vedere. E da gustarsi per i veri intenditori. Ma è spesso sulle grandi salite che si vincono ( e si perdono) le corse a tappe. E, nello specifico, non c’è dubbio che Contador sia il più forte di tutti quando la strada s’inerpica sotto i pedali. Non lo si può definire un “grimpeur” ( ossia, uno scalatore) puro. Ma è quello che sulle montagne fornisce l’impressione di poter fare il vuoto in qualsiasi momento. Pensando alle tappe di montagna, il ricordo non può non andare alle imprese di Marco Pantani. Il romagnolo era sicuramente più istintivo, rabbioso e aggrediva le scalate con il dichiarato intento di spazzare via la concorrenza. Era piuttosto allergico, invece, alla strategia e alla distribuzione dello sforzo tra le varie tappe. Seguiva un unico copione: attaccare. Sempre e comunque. In questo senso, lo spagnolo ruba meno l’occhio. Non ha la stessa furia del “pirata”. Sa far di calcolo, ma senza eccedere in tatticismi. Sa amministrarsi e centellinare le sue forze. Ma senza annoiare ( come faceva, talvolta, il pur grandissimo Jacques Anquetil). Però, da sempre l’impressione che, se vuole, può staccare chiunque. Senza particolare sforzo. Possiede un’indubbia voracità agonistica, pur senza raggiungere gli apici di un Eddy Merckx che, mai sazio, non lasciava agli avversari neanche i prosciutti dei traguardi volanti. Contador vince spesso e, quando si tratta di corse a tappe, praticamente sempre, ormai. Però sa essere generoso con i suoi colleghi. Sia che trattasi di occasionali compagni di fuga ( come Rujano e Anton), sia che trattasi di autentici amici ( come Tiralongo). L’ultima corsa rosa lo ha dimostrato. Somiglia ad ognuno di questi immortali del ciclismo, con una fondamentale differenza. Tutti questi campioni erano piuttosto caratterizzati, avevano uno specifico punto di forza ( tranne Merckx, uno come il “cannibale” non si era mai visto prima, non si è più visto dopo). Contador, no. Non è e non sarà probabilmente mai “il più forte di sempre” in una singola specialità. E’, però, quello che si esprime uniformemente meglio di tutti tra velocità pura, cronometro e salite. I paragoni appena fatti non sono semplice frutto dell’umana debolezza di voler magnificare a tutti i costi l’eroe del momento. Anche perché di momenti del genere, Contador ne vivrà e ne farà vivere ai suoi tifosi molti altri ancora. Guai sportivo-giudiziari permettendo, ovviamente. A proposito, è delle ultime ore la notizia che l’udienza del Tas, originariamente prevista dal 6 all’8 giugno, slitterà dal 1 al 3 agosto. Tradotto, partecipazione al Tour de France in salvo. Scommettiamo su chi vince?
Daniele Puppo
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