Il 25 novembre, dall’anno 2000, ovvero da quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite l’ha istituita tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data è stata scelta non a caso, ma a ricordo di un brutale assassinio, avvenuto nel 1960 nella Repubblica Dominicana, ai tempi del dittatore Trujillo. Tre sorelle, di cognome Mirabal, considerate rivoluzionarie, furono torturate, massacrate, strangolate e i loro corpi buttati in un burrone, a simulare un incidente.
Non sempre, non ovunque, le cose sono cambiate da quel giorno: basti pensare alle bambine dell’India che quasi ogni giorno vengono stuprate e uccise, ma anche a casa nostra, dove la violenza contro le donne è spesso nascosta in ambito domestico.
I dati dell’Onu rivelano che il 35% delle donne nel mondo – praticamente una su tre – ha subito una violenza fisica o sessuale, dal proprio partner o da un’altra persona. Il rapporto sottolinea anche che due terzi delle vittime degli omicidi in ambito familiare sono donne. Nel mondo solo 119 Paesi hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 125 sul ‘sexual harrassment’ (le molestie a sfondo sessuale).
Nel rapporto Istat, relativo al 2014, riguardo a questo fenomeno emergono segnali di miglioramento : negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono diminuite dal 13,3% all’11,3%, anche se crescono dal 26,3% al 40,2% quelle più gravi che provocano ferite. Secondo il dossier di We World Onlus il 25% dei giovani giustifica i maschi violenti e ActionAid denuncia la poca trasparenza nell’utilizzo dei fondi stanziati grazie alla legge sul femminicidio.
La matrice della violenza contro le donne può essere rintracciata ancor oggi nella disuguaglianza dei rapporti tra i due sessi. E la stessa Dichiarazione adottata dall’Assemblea Generale Onu parla di violenza contro le donne come di “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.
Dalla ricerca Onu arriva anche la conferma che prosegue la discriminazione in ambito lavorativo tra uomini e donne. I tassi di disoccupazione rimangono piu’ elevati per le lavoratrici, e le donne occupate a tempo pieno nella maggior parte dei Paesi hanno uno stipendio che va dal 70% al 90% di quello dei colleghi maschi.
E in Italia, secondo i dati Istat di giugno 2015, 6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale. Anche nel nostro Paese, praticamente una donna su tre. Il 31,5% è nella fascia d’età tra i 16 e i 70 anni. Il 20,2% è stata vittima di violenza fisica, il 21% di violenza sessuale, il 5,4% di forme più gravi di abusi come stupri (si parla di 652mila casi) e tentati stupri (746mila). Mentre a rendersi responsabili delle molestie sono nella maggior parte dei casi (il 76,8%) degli sconosciuti, il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Aumenta la percentuale dei bambini che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (si è passati dal 60,3% del 2006 al 65,2% del 2014). Ma se negli ultimi 5 anni sono leggermente diminuite le violenze fisiche o sessuali, aumenta invece la percentuale dei figli che vi assistono.
Non mancano le leggi per combattere la violenza contro le donne, disciplina ulteriormente rafforzata dal Decreto Legge 93 del 2013 sulla violenza di genere, convertito nella Legge 119 del 15 ottobre 2013. Serve ora pero’ una rivoluzione culturale, a partire dalle scuole.Per questo, con la Legge n. 107 di luglio 2015, è stata introdotta la previsione dell’educazione alla parità tra i sessi nelle scuole di ogni ordine e grado.
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