Proiettili a corto raggio sparati nel mar del Giappone. Sarebbe questa, secondo il governo di Seoul, la risposta della Corea del nord alle nuove sanzioni decise dall’ONU e alle nuove leggi sui diritti umani approvate dal parlamento sudcoreano.
Secondo un portavoce del ministero della Difesa di Seoul, i proiettili sarebbero stati sei, sparati dalla città portuale di Wonsan. Si sta cercando di capire di che armi si tratti: missili, razzi o proiettili d’artiglieria. Secondo una fonte anonima dello Stato maggiore di Seoul, avrebbero percorso da 60 a 90 miglia – circa 100-150 km – prima d’inabissarsi.
Le autorità della Corea del nord sperimentano spesso armi in mare senza preavviso, e hanno l’abitudine di moltiplicare i lanci per dare “prove di forza” – più utili a impressionare la popolazione locale, tenuta isolata dalle reti mondiali dell’informazione, che a impensierire i nemici esterni – quando il governo subisce condanne da altri Stati o dalla comunità internazionale. Questa dimostrazione arriva a poche ore da atti di entrambi i tipi.
Ieri il Consiglio di sicurezza ONU ha approvato l’ennesimo pacchetto di sanzioni contro Pyongyang. Le misure sono state approvate all’unanimità dopo quasi due mesi di trattative fra USA e Cina, l’“angelo custode” della Corea del nord al Palazzo di vetro. L’accelerazione dei programmi nucleari e missilistici voluta dal leader supremo Kim Jong-un ha convinto il Consiglio a emettere le sanzioni più severe da vent’anni a questa parte.
Sempre ieri, il parlamento sudcoreano ha deciso di istituire un centro di documentazione sui diritti umani in Corea del Nord. Il centro, che opererà sotto gli auspici del Ministero per l’Unificazione nazionale di Seoul, è la prima organizzazione governativa che si occupa dei diritti umani nel Nord. In concreto, il suo mandato consisterà nell’organizzare l’invio di aiuti umanitari, promuovere il dialogo fra il Nord e il Sud e fare rapporto ogni tre anni al parlamento di Seoul.
Organizzazioni simili esistono negli USA e in Giappone da una decina di anni. In Corea del sud, la proposta di legge circolava in varie forme dal 2005. Il giorno prima del voto decisivo, il ministro degli Esteri nordcoreano ASD asd asd ha annunciato che il suo Stato vuole boicottare ogni seduta del consiglio Diritti umani dell’ONU in cui si parlerà della propria situazione.
Dal 2005 non passa anno senza che l’Assemblea generale delle Nazioni unite approvi risoluzioni contro le violazioni dei diritti umani da parte del regime di Pyongyang. Lo scorso mese, l’avvocato indonesiano Marzuki Darusman, un componente della Commissione d’inchiesta ONU sui diritti umani in Corea del nord, ha chiesto all’Assemblea di comunicare a Kim Jong-un che rischia di subire un processo per crimini contro l’umanità.
F.M.R.
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