Sisto Manzi è il legale di numerosi enti locali che per primo, in tempi non sospetti, ha scoperto e denunciato per truffa le grandi banche che si sono approfittate della ingenuità mista a un pizzico di disonestà intellettuale di numerosi esponenti politici locali che tra il 2001 e il 2005, incoraggiati dal governo in carica che parlava di “finanza creativa”, hanno sottoscritto i famigerati contratti con i derivati. La crisi era ancora lontana e molti sindaci in cambio di un “front up”, anticipo, di qualche decina di migliaia di euro concesso dagli istituti di credito sui documenti di stipula per derivati appena firmati, e utilizzato da tanti primi cittadini per abbellimenti pleonastici (quando abbellimenti), si sono buttati a pesce sulla cosa. Ignorando le possibili conseguenza. Come andare in dissesto finanziario con la prospettiva di pagare 300 mila euro l’anno per vecchi contratti, magari di basso importo, da qui al 2020 o magari al 2030.
A proposito della ventilata idea del governo Renzi di permettere allo stato tramite la cassa depositi e prestiti di dare la garanzia alle banche sui contratti ancora in essere, Sisto Manzi si è dichiarato assolutamente contrario. E di seguito ci spiega il perchè.
“La clausola nota come “Double way Credit Support Annex (CSA), obbliga la parte su cui grava la perdita potenziale a garantire i pagamenti futuri sui contratti derivati attraverso un deposito di garanzia; il Tesoro dunque, si obbligherebbe a dover prevedere un “collaterale” a garanzia degli impegni assunti, in modo da immunizzare le banche dal rischio di controparte.
Se da una parte è vero che l’adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Tesoro permetterebbe un allineamento alle pratiche internazionali, coerentemente con l’evoluzione in corso nei modelli di gestione del rischio delle banche e che per il Tesoro questo permetterebbe una gestione più efficiente ed economica delle aste nonché una riduzione del rischio di controparte nei confronti delle banche nel caso in cui il valore di mercato della posizione in derivati sia favorevole per il Tesoro, va tenuto conto che trattandosi di derivati il terreno è particolarmente “scivoloso” in quanto: 1) l’esito finale delle operazioni, considerando l’incertezza sulle prospettive di crescita e, in generale, sul miglioramento del quadro macroeconomico, si fonda più su effetti sperati che su stime attendibili; 2) non è dato conoscere l’entità esatta e le caratteristiche dell’esposizione in derivati dello Stato italiano nei confronti delle banche di affari il che non consente di fare valutazioni attendibili.
Sarebbe opportuno dunque, come più volte annunciato: 1) rendere di pubblico dominio i dati che riguardano i contratti derivati stipulati dallo Stato italiano; 2) evitare di procedere a ristrutturazioni e rinegoziazioni con le quali non si trae alcun beneficio e che non fanno altro che allungare le scadenze e spostare il debito sulle generazioni future; 3) monitorare il mark to market dei singoli contratti per approfittare delle condizioni favorevoli del mercato e procedere progressivamente alla loro estinzione in modo da ridurre gradualmente il complesso dell’esposizione debitoria.”
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