Diritto all’informazione: sul web c’è tutto. Ma da oggi vale anche il contrario, nel senso che chi vorrà cancellare informazioni che, a suo giudizio, sono obsolete, irrilevanti o inadeguate, potrà farne richiesta. Google ha infatti messo a disposizione dei cittadini in Europa un formulario che consente all’utente di chiederne la cancellazione.
È la risposta alla recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che il 13 maggio ha riconosciuto il diritto dei cittadini a essere «dimenticati» su internet, a poter chiedere cioè a Google e agli altri motori di ricerca di cancellare i collegamenti a informazioni che possono creare loro un danno o che non sono più pertinenti. È un diritto con tanti “ma”: per ottenerne la rimozione dall’universo Google, non basta infatti che una pagina sia, per qualunque motivo, indesiderata. Lo specifica proprio la Corte di Giustizia: quella pagina deve contenere anche informazioni “inadeguate, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessive in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati”. Se queste condizioni non sono soddisfatte, è inutile anche provare a compilare il modulo online.
Il web-form è già on-line. Chi sia interessato alla cancellazione di qualche dato deve identificarsi, indicare quale link vuole sia rimosso, in relazione a quale ricerca e perché; per identificarsi deve fornire la copie digitale di un documento di identificazione (la carta d’identità o anche la patente) e occorrerà la firma elettronica alla richiesta. I moduli saranno analizzati uno per uno dagli uomini di Google (non finiranno cioè elaborati da un anonimo software). Google non chiarisce però quali saranno i tempi necessari perché i link vengano cancellati né quali criteri applicherà. E i link rimossi dalle ricerche in Europa saranno comunque visualizzati nei risultati di Google in altri angoli del pianeta. Attenzione anche al fatto che il servizio disponibile al link indicato non serve per chiedere la rimozione dal web di una pagina che ci riguarda, ma per chiedere che quella pagina non sia più indicizzata da Google, cioè smetta di comparire tra i risultati delle ricerche. Il che fa la differenza.
I rischi, le implicazioni e la complessità del problema sono tali che il motore di ricerca più grande del mondo, che analizza il 90 per cento delle richieste in Europa, ha deciso di creare un comitato consultivo di esperti per rispondere alla ridda di spinose questioni che saranno sollevate. Tra i membri della commissione di esperti ci sono uomini di Google, ma anche intellettuali e esperti indipendenti: oltre a Eric Schmidt, il capo dell’ufficio legale di Google, David Drummond; e poi Frank La Rue, special rapporteur dell’Onu per la protezione della Libertà di espressione; l’italiano Luciano Floridi, che insegna filosofia ed etica dell’informazione all’università di Oxford; Peggy Valcke, direttore della scuola di diritto all’università di Lovanio; Jose Luis Piñar, ex direttore dell’agenzia spagnola per la protezione dei dati e il fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales. Google ha già preannunciato che lavorerà anche con le Autority della Privacy dei vari Paesi.
Di fronte c’è il grande tema delle sfide poste da Internet, a cominciare dalla gestione della reputazione on-line. Google tiene a far sapere che è solo «il primo passo» e che il processo per perfezionare il sistema andrà avanti per mesi. Si tratterà di trovare il delicato equilibrio tra il diritto di un individuo alla privacy e quello del pubblico ad accedere all’informazione. Cosa accadrà per esempio nel caso di persone che si siano macchiate di frodi finanziarie, a chi abbia compiuto negligenze professionali, funzionari pubblici responsabili di cattiva condotta o che si sono macchiati di reati penali. Non sarà facile. I casi saranno valutati uno per uno. Google non si sbilancia sui tempi anche perché non sa quante saranno le richieste. Solo dopo la sentenza del 13 maggio, sul tavolo dell’azienda californiana ne sono piovute qualche migliaio.
Un cantiere aperto e mille incognite. C’è questo dietro al modulo con cui Google, da oggi, adempie alle richieste della Corte di Giustizia europea e fornisce – ai suoi utenti di 32 Paesi europei – un servizio per poter esercitare il diritto all’oblio. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
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