Probabilmente Renzi non si aspettava un percorso tanto travagliato sul dl lavoro. Infatti, non si placano i malumori nella maggioranza trasversale che sostiene il governo.
Ieri, quando il consiglio dei ministri ha chiesto la fiducia sul decreto, Ncd ha dichiarato di voler sostenere il testo alla Camera annunciando battaglia al Senato, dove il testo approderà dopo le europee. Oggi Montecitorio ha approvato la fiducia con 344 si e 184 no.
I forti malumori, che non si sono stemperati nel corso delle ore, sono nati in commissione Lavoro dove si è discussa una serie di modifiche al testo base prodotte dal Pd. Emendamenti che, come ha spiegato Cesare Damiano “sono stati sostenuti da tutto il Pd”, con il via libera del governo, e contro i quali Ncd ha alzato gli scudi in Aula.
Un tentativo di mediazione è arrivato dal ministro Poletti, che ai capigruppo ha proposto una sintesi: trasformare in sanzione pecuniaria l’obbligo di assunzione introdotto per i datori di lavoro che superino il tetto del 20% di lavoratori ‘a termine’, come peraltro chiesto anche da Ncd; e dare la possibilità di scegliere tra la formazione per l’apprendistato aziendale o regionale.
E se Ncd, per bocca di Maurizio Sacconi, sarebbe favorevole alla proposta Poletti, il Pd ha chiesto che si riducano da 5 a 4 i rinnovi possibili per i contratti a termine senza causale.
Questo ha fatto sì che Ncd puntasse il dito contro il Pd per essersi opposto alla mediazione del ministro; Andrea Romano di Scelta Civica ha sostenuto invece che a far saltare l’accordo fossero stati proprio la sinistra di Damiano e lo stesso Sacconi. “Ho capito – ha spiegato Romano – che sarebbe stato difficile arrivare a una mediazione. È stato uno scontro ideologico e un anticipo di campagna elettorale”
Il tira e molla è andato avanti per ore, al termine delle quali è apparso evidente che la mediazione non fosse una strada praticabile. La partita quindi verrà riaperta al Senato dopo l’odierno voto di fiducia sul provvedimento.
Questa scelta, annunciata dal ministro Boschi, aveva incassato da subito il favore di Scelta Civica, “per senso di responsabilità – dichiara lo stesso Romano – ma ci impegneremo al Senato affinché questo testo migliori ancora”.
Pronto a fare la sua parte anche Ncd, che però usa toni più accesi: ”Voteremo la fiducia – dichiara Nunzia De Girolamo – ma non rinunciamo a dare battaglia”.
Il premier Renzi, al Tg1, ha derubricato la querelle polemica sul Dl come “diatribe tipiche delle campagne elettorali, ma noi vogliamo governare” e rilancia la sfida a tutte le parti politiche a “risolvere i problemi”.
“L’impianto del decreto – spiega – va bene, stiamo discutendo di dettagli”, l’importante però è “chiudere l’accordo” poiché è impossibile “non intervenire su un’emergenza come quella dell’occupazione”.
Polemiche che non si sono placate fino al momento del voto alla Camera: durante la sua dichiarazione di voto il deputato Ncd Sergio Pizzolante ha respinto “nel modo più netto” le “accuse” di Renzi di “essere mossi da pure esigenze elettorali. Non le accettiamo né dal Premier né da Berlusconi, che sono in campagna elettorale da mesi”.
Questa mattina, invece, il capogruppo forzista alla Camera dei deputati, Renato Brunetta, ha affermato ai microfoni di Radio Anch’io: “la fiducia sul decreto lavoro e’ un imbroglio. Renzi mette la fiducia perché non ha la fiducia, perché non ha i voti della sua maggioranza, perché un partito, il Nuovo Centrodestra gli ha detto di ‘no’ e quindi se si fosse votato con il no del Nuovo Centrodestra, sarebbe caduto il governo”.
Questa mattina, invece, il capogruppo forzista alla Camera dei deputati, Renato Brunetta, ha affermato ai microfoni di Radio Anch’io:
“la fiducia sul decreto lavoro e’ un imbroglio. Renzi mette la fiducia perché non ha la fiducia, perché non ha i voti della sua maggioranza, perché un partito, il Nuovo Centrodestra gli ha detto di ‘no’ e quindi se si fosse votato con il no del Nuovo Centrodestra, sarebbe caduto il governo”.
Di fatto, Renzi incassa una mezza vittoria il cui peso specifico resta comunque abbastanza alto sebbene adesso toccherà al Senato esprimersi sul dl . Sulla carta, in questo modo, il Premier mantiene i tempi annunciati a inizio mandato su iniziative chiave come la riforma del lavoro e il bonus di 80 euro sui quali Renzi ha più volte ribadito di “giocarsi la faccia”. E questo risultato , a meno di un mese dalle prossime europee, ha un risvolto importante non solo dal punto di vista delle tasche dei lavoratori italiani.
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