Il giorno dopo il via libera definitivo al divorzio breve, in Parlamento arriva un ddl sugli accordi pre-matrimoniali. A depositare il testo sono gli stessi relatori del provvedimento sul divorzio, Alessia Morani (Pd) e Luca D’Alessandro (Fi).
“La collaborazione tra me e Luca D’Alessandro continua, infatti abbiamo presentato insieme un disegno di legge sugli accordi pre-matrimoniali“, ha spiegato Morani ai microfoni dell’approfondimento di Sky Tg24 ‘Dentro i fatti con le tue domande’.
Il giorno dopo il governo corre ai ripari, scrive il quotidiano online della Cei Avvenire, che nell’edizione odierna in prima pagina aveva pubblicato un editoriale intitolato “Divorzio breve, un incivile traguardo”. “Un pannicello caldo su una ferita insanabile”, scrive ora riferentosi al ddl sugli accordi prematrimoniali presentatoi oggi alla Camera, “perché non basterà introdurre gli accordi prematrimoniali obbligatori – se poi lo saranno davvero – per dissolvere la pesante zavorra antifamiliare rappresentata dal divorzio breve”.
Questo tipo di accordo viene definito, almeno dai relatori, un ulteriore passo in avanti proprio all’indomani dell’approvazione definitiva della legge divorzio che rivoluziona in maniera consistente i tempi per dirsi definitivamente addio. Basteranno infatti solo 6 mesi, se la separazione è consensuale, oppure un anno se è giudiziale. Un provvedimento storico che allinea l’Italia a molti Paesi europei ma che ha inevitabilmente sollevato un polverone di polemiche da parte delle frange cattoliche, che puntano il dito contro una normativa che non tutela la famiglia e soprattutto i figli.
“Davvero un bel ‘traguardo di civiltà’ l’approvazione del divorzio breve. Appena sei mesi per seppellire un matrimonio” è stato oggi l’editoriale di prima pagina di Avvenire, intitolato “Divorzio breve, un incivile traguardo”. Ipotizzando ulteriori passi del legislatore nella stessa direzione (“di questo passo, sarà la volta della legge che permetterà l’addio istantaneo via sms incrociato, tutt’al più inviando contestualmente una mail all’ufficio anagrafe“), Luciano Moia scrive, sul quotidiano della Cei, “rottamato il matrimonio, avremo un’agile e dinamica società di unioni usa e getta, rapporti più flessibili, disimpegnati, quasi fulminei, facilmente smontabili e ricomponibili. Più nessuna implicazione con concetti vetusti e polverosi, come responsabilità, sacrificio, impegno, dedizione, rinuncia. Tutti assolutamente inadeguati per fotografare il nuovo panorama di rapporti rigorosamente al presente, senza passato e senza futuro”. “Vogliamo davvero questo? Bene, allora dobbiamo dirci con franchezza che anche la nostra società sarà senza passato e senza futuro perché, al di là di quanto proclamato dalle cosiddette “teorie del gender”, non abbiamo inventato ancora nulla che possa sostituirsi al matrimonio e alla famiglia”, scrive il giornale della Conferenza episcopale italiana. “Servono leggi e provvedimenti che sostengano l’impegno della famiglia e che contribuiscano alla crescita di consapevolezza della coppia. E ci ritroviamo, invece, con norme che, favorendo e incentivando il già drammatico senso di precarietà delle relazioni, finiscono per sancire il malcostume dell’instabilità affettiva e del disimpegno familiare. Questo sì – abbiamo il dovere di gridarlo dai tetti – autentico ‘traguardo di inciviltà'”.
Gli accordi prematrimoniali, detti anche prenuptial agreemenst o cohabitation contracts, sono dei contratti con cui i coniugi stabiliscono, prima della celebrazione delle nozze, la gestione della loro futura vita matrimoniale, sia sotto il profilo personale che patrimoniale, ivi compresa l’eventuale fase della crisi. Nei paesi di common law ma anche in alcuni Stati europei come, ad esempio, la Germania, la Spagna etc., detti accordi sono pienamente riconosciuti e considerati validi, essendo, peraltro, adoperati anche come strumento deflattivo del contenzioso. Nel nostro ordinamento giuridico, invece, i patti assunti prima del matrimonio o, magari in sede di separazione consensuale in vista del successivo divorzio, sono nulli per l’illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità dello status di coniuge e di figlio, nonchè dell’assegno di divorzio.
a scelta «che rischia di semplificare in maniera eccessiva uno scioglimento che sottende molte problematiche. A partire dal rischio per la tutela dei figli alla riduzione del matrimonio a mero contratto».
Ancora più esplicite le considerazioni di Giuseppe Butturini, presidente con la moglie Raffaella dell’Associazione nazionale famiglie numerose: «Se non si riconosce che il divorzio è un fallimento e si dimentica che nel fallimento del matrimonio si nasconde un possibile fallimento della società, non si arriva da nessuna parte».
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