Per Theresa May è il giorno della verità. Le urne delle elezioni politiche britanniche – le prime dopo il referendum sulla Brexit – resteranno aperte fino alle 22, quando in Italia saranno le 23.
La May, il cui mandato sarebbe scaduto nel 2020, aveva indetto elezioni anticipate a metà aprile. Arrivata a Downing Street per il rimpasto interno al partito conservatore dopo la rovinosa caduta di David Cameron, aveva deciso, dopo mesi di tentennamenti, di sottoporre il suo mandato al giudizio delle urne. Gli analisti le avevano dato ragione: pilotare il divorzio del Regno dalla UE senza il favore degli elettori sarebbe stato come minimo incoerente. E ad aprile, con la popolarità al massimo storico, le davano ragione anche i numeri.
La campagna elettorale, però, si è rivelata insidiosissima per la premier. I sondaggi danno ancora i conservatori in vantaggio sui laburisti, ma lo scarto che sembrava incolmabile si è disintegrato: dal 20% di aprile è sceso, secondo i diversi istituti di rilevamento, a una quota fra l’1% e il 6%. E in un sistema elettorale maggioritario puro, com’è quello inglese, non conta avere più voti in tutto il Paese: a Westminster si insedia chi conquista i singoli collegi, anche con un solo voto di scarto.
Dietro la rimonta dell’opposizione ci sono tanti meriti del leader laburista Jeremy Corbyn quanti demeriti della May. Criticata per essersi sottratta al confronto in tv, sbeffeggiata per i suoi numerosi autogol nella comunicazione, ma soprattutto sotto fuoco incrociato da parte di tutte le altre forze politiche per aver accettato, quando era ministra dell’Interno, tagli milionari al bilancio dei servizi di sicurezza nazionali, che tornano d’attualità con ogni nuovo attentato sul suolo britannico.
E così, le elezioni indette nella segreta speranza di consolidare la maggioranza – gettando magari i laburisti nella crisi dell’irrilevanza parlamentare – rischiano di sancire la sconfitta morale della May, che stanotte potrebbe essere riconfermata al governo con una maggioranza più risicata, o addirittura con una maggioranza solo relativa che la costringa a prendere accordi con altri partiti. Per non parlare dell’ipotesi più temuta dai Tories, un clamoroso sorpasso del vecchio Corbyn. Improbabile, certo: ma un mese fa sarebbe stato inimmaginabile.
La May ha votato stamattina a Sonning, nel Berkshire, accompagnata dal marito Philip e dagli agenti della scorta. Corbyn invece si è presentato solo a votare a Holloway, nel nord di Londra.
Sui 650 seggi della Camera dei Comuni uscente, i Conservatori ne detengono 331, i Laburisti 229, 54 sono in mano agli indipendentisti scozzesi dell’SNP (Scottish National Party), rivelazione degli ultimi anni. Nessuno degli altri partiti ha più di nove seggi: è il caso dei Liberaldemocratici, storica terza forza di Westminster, mentre i Democratici unionisti nordirlandesi ne hanno otto.
I primi exit poll saranno pubblicati alla chiusura dei seggi, cioè – come già detto – alle 23 italiane.
F.M.R.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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