“Servono più immigrati per fare lavori che gli italiani non vogliono più fare…”.
Sono le parole del presidente Inps, Tito Boeri, durante la presentazione del XVII Rapporto annuale dell’Istituto. Il suo discorso, più complesso, puntava a dimostrare l’utilità della forza lavoro proveniente da Paesi ‘extra’ anche ai fini di rimpinguare le casse del principale Ente previdenziale che eroga pensioni di tutti i tipi, nonché indennità a vario titolo – oltre 20 milioni di assegni staccati ogni anno -. L’Inps non sarebbe in grado di pagare, secondo Boeri, senza l’apporto dei contributi versati per e dai lavoratori non appartenenti all’Unione europea.
Le parole pronunciate dal presidente Inps non più di una settimana fa hanno indignato a tal punto il vicepremier Matteo Salvini da farlo replicare prontamente su Twitter
“Il Presidente Inps continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare di tantissimi italiani….”
Certo, la voglia di lavorare alle condizioni disumane imposte da persone senza scrupoli che sfruttano, come anche nei casi più recenti scoperti nel meridione, braccianti per pochi spiccioli e un piatto di cibo scaduto non la si può pretendere da nessuno. Perché ci sono diritti inviolabili, non solo nel campo del lavoro, a garanzia dei quali la giustizia è chiamata a fare la sua parte.
Ma non è vero che agli italiani manca la voglia di eseguire determinati lavori considerati poco qualificanti. A dimostrazione di ciò, riporto la lettera di un giornalista 59enne, disoccupato, oggi ‘impiegato’ in un lavaggio autovetture, pubblicata dal quotidiano La Verità (rubrica “Risponde Mario Giordano”)
“Caro Mario, questa lettera è la mia ultima spiaggia. Ho lavorato per 30 anni come giornalista (ha scritto per ‘Il Giornale’ e poi per una validissima agenzia di stampa poi chiusa, ndr) , ma ricollocarsi nelle redazioni a 59 anni sembra impossibile. Mi sono offerto come autista, custode, magazziniere: tutto vano, Oggi lavo le auto, alle spalle dell’Idroscalo, in cambio di 4 euro all’ora. Sono 32 euro in otto ore di duro lavoro, tutte passate con l’angoscia in cuore, sperando che non si fermi l’auto di un ex collega o di un conoscente. Non è una scelta, sia chiaro. Ma un obbligo. Ho bisogno di un lavoro per mettere insieme la colazione con la cena perché è difficile accettare che un figlio smetta di studiare per aiutare la famiglia” (gzagato@hotmail.com – Milano)
La lettera è firmata con la email di chi l’ha inviata, per volere dello stesso: “Chissà che qualcuno abbia un lavoro da offrirmi”.
La risposta, dunque, al buon cuore di chi abbia qualcosa di meglio da offrire. Ma soprattutto sia in grado di immedesimarsi, anche solo per qualche istante, nella situazione di estremo disagio che ha colpito il collega Zagato. Soltanto uno dei tanti italiani in gravi difficoltà, è vero. Difficoltà che vanno oltre il lato economico, perché i problemi di sopravvivenza a lungo andare minano anche i rapporti affettivi più solidi. Per non parlare poi del senso di stima e di rispetto verso la propria persona che ciascuno ha l’obbligo di conservare, ma che può vacilla o viene meno quando cominciano ad essere tante le porte sbattute in faccia a chi è sicuro di avere sempre dato il massimo nel propria attività agendo con professionalità, competenza e onestà.
Per conoscere testimonianze su Gianandrea Zagato:
https://www.lavoce.online/2018/08/09/caro-gianandrea-mai-farsi-vedere-sanguinare-dagli-squali/
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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