A poche ore dalla scadenza della rata del prestito FMI e da un default pressoché inevitabile, la nuova proposta di accordo del presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker ha fatto breccia nel governo greco.
Secondo il sito del quotidiano E Kathimerini, il premier Alexis Tsipras è stato convinto da altri esponenti dell’esecutivo a cambiare idea, dopo che nelle prime ore della mattina aveva rifiutato anche la nuova formulazione dell’accordo suggerita in extremis da Bruxelles.
Il primo ministro ha firmato un documento con la sua controproposta: le richieste del governo comprendono la ristrutturazione del debito e un programma di salvataggio biennale gestito dal Fondo salva-Stati, che quindi non coinvolga il FMI.
Destinatari del documento, oltre a Juncker, sono il presidente BCE Mario Draghi, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, il presidente della Repubblica francese François Hollande e la Cancelliera federale tedesca Angela Merkel.
Ma Berlino gela le speranze: la Germania “non prenderà in considerazione l’ipotesi di un terzo salvataggio per la Grecia, come proposto da Atene, prima dell’esito del referendum di domenica prossima”, ha dichiarato la cancelliera.
“Naturalmente anche dopo mezzanotte non taglieremo i fili del dialogo – aveva dichiarato Merkel stamattina – o non saremmo l’Unione europea”.
Anche il portavoce della Commissione UE Margaritis Schinas ha confermato che il lavoro dell’esecutivo comunitario proseguirà “fino all’ultimo minuto”: “Come il presidente Juncker ha detto, la Ue non abbandonerà il popolo greco e la porta resta aperta ma il tempo sta scadendo”.
Il testo originario dell’accordo diffuso nei giorni scorsi, quello stesso accordo che il governo aveva ritenuto di non poter firmare e sottoposto a un referendum popolare in programma domenica prossima, è stato modificato all’ultimo momento. Secondo E Kathimerini, la Commissione avrebbe accolto la proposta di non alzare l’IVA sugli alberghi oltre il 13%, suggerita dai negoziatori greci nel timore che la quota del 23% proposta dai creditori penalizzasse troppo un settore trainante dell’economia ellenica come il turismo.
In cambio, Tsipras dovrebbe impegnarsi a fare campagna per la vittoria del sì nel referendum: un dietrofront totale rispetto alla posizione presa sabato di fronte al parlamento. Ieri, oltretutto, il premier aveva lasciato intendere di essere pronto a dimettersi nel caso in cui l’accordo fosse stato approvato dalla maggioranza degli elettori.
Nell’impossibilità di organizzare un vertice straordinario dell’Eurogruppo con così poco preavviso, i ministri delle Finanze dell’Eurozona si riuniranno in teleconferenza alle 19. A quel punto si potrebbe rimettere in discussione la decisione di non prorogare il programma di aiuti ad Atene, presa dopo l’annuncio del referendum da parte del governo greco, oltre la naturale scadenza di stanotte.
Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha comunque ribadito che il governo greco non ha intenzione di ripagare al FMI la rata da 1,6 miliardi in scadenza a mezzanotte. A questo punto, il Fondo aprirà a carico di Atene una procedura di messa in mora che dopo un mese, a meno di colpi di scena, porterà alla dichiarazione d’insolvenza.
L’evento che tiene gli osservatori in apprensione, ora, è il referendum di domenica. Formalmente il quesito riguarda l’accordo con i creditori, peraltro superato negli ultimi giorni, ma tanti in Europa hanno segnalato che il vero nocciolo della questione è restare o uscire dal club dell’Euro.
È vero che la paura del Grexit ha spinto gli operatori finanziari a vendere, ma dopo la sbandata mondiale di lunedì mattina le Borse sono riuscite a disinnescare l’allarme e contenere le perdite.
Potrebbe essere stata proprio questa constatazione, ieri, a convincere alcuni leader europei – tra cui Merkel, Juncker e Hollande – a lasciare da parte i toni diplomatici e concilianti usati durante le trattative.
La strategia della BCE in previsione del referendum si conoscerà solo domani, dopo la riunione del Consiglio dei governatori in cui si deciderà se cambiare o lasciare invariato l’ammontare dei fondi d’emergenza ELA concessi alle banche greche.
Aumentare i trasferimenti nell’attuale situazione di insolvenza sarebbe improponibile, ma diminuirli non farebbe altro che accelerare il tracollo del sistema finanziario ellenico, rendendo inevitabile il Grexit. È perciò probabile che l’istituzione di Francoforte scelga ancora una volta la via mediana e fornisca sostegno immutato agli istituti di credito di Atene almeno fino al referendum di domenica.
F.M.R.
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