Sarà accolto in Italia uno dei detenuti in uscita dal supercarcere USA di Guantanamo. Lo ha annunciato la Farnesina, spiegando che la richiesta degli Stati Uniti è stata accolta “per motivi umanitari”.
L’uomo si chiama Fayiz Ahmad Yahia Suleiman, è un cittadino yemenita di quarant’anni ed è rinchiuso nella base navale USA sull’isola di Cuba da 14. Era sospettato di aver combattuto al fianco di al-Qaeda in Afghanistan, contro le forze degli Stati Uniti e della coalizione dei loro alleati, ma non è mai stato incriminato.
Il suo rilascio era stato deciso già sei anni fa, nel 2010. Ma la situazione politica dello Yemen – con la guerra civile tra la fazione governativa, spalleggiata dall’Arabia Saudita, e i ribelli Houthi assistiti dall’Iran – aveva reso il rimpatrio impossibile. L’unico modo che Suleiman aveva per andarsene da Guantanamo era aspettare il via libera al trasferimento da parte di uno Stato amico degli USA, via libera che è arrivato nei giorni scorsi da Roma.
Non è il primo detenuto di Guantanamo a sbarcare in Italia: nel 2009 era toccato a due tunisini, finiti immediatamente a San Vittore con ordinanze di custodia cautelare emesse dalle autorità giudiziarie del nostro Paese per vari reati, tra cui favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Quanto a Suleiman, le autorità di Roma e Washington non hanno ancora spiegato cosa lo aspetti in Italia. Secondo fonti USA, il suo trasferimento dovrebbe avvenire entro le prossime due settimane.
Il Pentagono ha pubblicato una nota in cui si dice grato all’Italia “per il suo gesto umanitario” e “per la volontà di sostenere gli attuali sforzi americani di chiudere la prigione”.
Disfarsi dei campi di detenzione a Guantanamo, infatti, pur mantenendo in vita la base navale, è un obiettivo del presidente Barack Obama fin dalla sua prima campagna elettorale, nel 2008. Il complesso penitenziario era stato aperto nel 2002, sotto la presidenza di George W. Bush, per ospitare i prigionieri sospettati di avere legami con le reti terroristiche internazionali catturati durante la guerra in Afghanistan. Le condizioni legali e umanitarie della loro detenzione sono da subito al centro di vive polemiche internazionali. Secondo l’amministrazione Bush, infatti, non erano prigionieri di guerra, e quindi nei loro confronti gli USA non erano obbligati a rispettare le convenzioni sul trattamento dei combattenti inquadrati negli eserciti regolari e catturati in azione.
L’ordine di chiusura dei campi è stato firmato da Obama a gennaio 2009, ma il piano da 80 milioni di dollari per lo smantellamento è stato bloccato dal Senato di Washington. Lo sgombero è proseguito poco alla volta, attraverso accordi con i governi amici e con le organizzazioni internazionali. Con il trasferimento di Suleiman, la base navale USA a Cuba ospiterà ancora 78 detenuti: molti meno dei 500 che vivevano nelle strutture nel 2006, ma è improbabile che Obama riesca a completare lo sgombero prima della scadenza del suo mandato presidenziale. Dei tre campi di detenzione aperti nella base navale USA, finora solo uno ha chiuso i battenti.
F.M.R.
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