Piazza Affari trema. A metà mattina del giorno successivo alla decisione della Fed di sospendere, dopo sei anni, gli aiuti all’economia – costati in tutto migliaia di miliardi di dollari, oltre duemila miliardi solo in questa terza tranche di acquisti – i titoli delle principali banche italiane sono in caduta libera: Mps sospesa a -13,21%, Unicredit congelata a –3,71%, mentre non navigano in acque migliori Intesa Sanpaolo (–4,18%), Bpm (-5,49%), Bper (-5,75%) e Banco Popolare (-5,37%).
Stessa sorte per l’indice Ftse Mib, che a fine mattinata ha già ceduto quasi il -2% e l’All Share, che cala di 1,85%. Se però Milano veste la maglia nera in questa giornata di scambi, non ridono gli altri listini europei che risentono degli esiti durissimi degli stress test della Bce e dei commenti del presidente dell’Eba, Andrea Enria, per il quale gli istituti che non hanno passato i test “non dovrebbero sentirsi troppo sicure”.
Già nella giornata di ieri i titoli bancari sono stati oggetto di una raffica di vendite che hanno fatto segnare una chiusura negativa per l’1,6% a Piazza Affari, in un clima di generale prudenza nell’attesa di capire come l’exit strategy della Fed impatterà sulle banche dopo la crisi finanziaria del 2008.
La decisione di chiudere con l’acquisto sistematico di asset e sancendo la fine del quantitative easing è stata assunta in considerazione del generale miglioramento dell’economia e del mercato del lavoro tanto da consentire alla Banca centrale americana di pensare ad un aumento dei tassi.
Un timido approccio alla materia, in ogni caso: secondo la Fed infatti i tassi rimarranno bassi per un “considerevole periodo di tempo”: “se le informazioni indicheranno progressi più veloci delle attese verso gli obiettivi di occupazione e inflazione, un aumento dei tassi potrebbe verificarsi prima di quanto anticipato. Se invece i progressi saranno più lenti, un aumento arriverà più tardi”.
“L’attività economica si sta espandendo a un tasso moderato –si legge nella nota diffusa dalla Banca centrale- Le condizioni del mercato del lavoro sono ulteriormente migliorate, i consumi delle famiglie aumentati moderatamente e le spese delle aziende stanno crescendo: i rischi sull’outlook economico e del mercato del lavoro sono bilanciati, quindi anche se l’inflazione nel breve termine sarà frenata dai bassi prezzi dell’energia e da altri fattori, riteniamo che le probabilità di un’inflazione in modo persistente sotto il 2% sono diminuite”.
Sebbene però la decisione di sospendere l’acquisto di asset fosse attesa, i mercati hanno reagito in maniera negativa, a partire da Wall Street.
Dalle colonne del Wsj, le parole di Alan Greenspan, ex presidente Fed e da molti ritenuto ‘responsabile’ della bolla dei mutui subprime esplosa proprio nell’estate di 6 anni fa, non hanno aiutato gli scambi: “è impossibile” che la nuova politica della Fed “non crei turbolenze” sui mercati e, sebbene il piano abbia avuto successo nell’aumentare i prezzi degli asset non ha stimolato l’economia reale. Non solo: Greenspan ha affermato che l’acquisto di materie prime e materiali preziosi è un ottimo investimento, considerato “il valore -intrinseco- che va oltre le politiche dei governi”. Quindi un affondo sull’Euro, la cui unica sopravvivenza può essere assicurata solamente con la piena integrazione politica dei 18 Paesi membri che condividono la divisa. “Qualunque cosa al di sotto di questo impegno – si legge sul quotidiano economico – aprirà le porte a squilibri e eventualmente al collasso della valuta stessa”
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