In Italia sorgerà il Museo del fascismo. Il sito scelto è quella della Casa del Fascio di Predappio, in Emilia Romagna, che verrà convertita da “mera raccolta di cimeli” per nostalgici a sito con annessi centro di documentazione, archivio e biblioteca. Ma anche mostre temporanee, bookshop e posti di ristoro.
La proposta era partita nel 2014 da Giorgio Frassineti, sindaco di Predappio, il paese dove è custodita la salma del Duce che, fino al 29 luglio 1983, centenario della sua nascita, fu meta di pellegrinaggio da parte di circa 30mila persone.
Nel 1944, un disegno di legge assegnava allo Stato tutti gli immobili sedi del Partito Nazionale Fascista. Il primo passo che avverrà a breve e a titolo gratuito, è dunque quello del passaggio di proprietà del palazzo a tre piani dal Demanio al Comune.
Il prezzo della memoria. “Vogliamo liberarci dagli aspetti ideologici e mettere al primo posto la Storia” ha detto il consulente del sindaco, Carlo Giunchi. Con questo obiettivo, è previsto un stanziamento di 5 milioni di euro così suddivisi: circa 2 milioni verranno da fondi europei per “interventi culturali di forte attrattività turistica”; mentre sono previsti 500mila euro rispettivamente dal Comune e dalla Cassa di risparmio di Forlì.
I restanti 2 milioni li dovrebbe mettere direttamente il governo, e il sottosegretario Luca Lotti si è già recato di persona nel paese che dette i natali a Mussolini. A quanto pare Palazzo Chigi troverà i fondi necessari a coprire la sua parte tramite il CIPE (dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica).
Il cammino fino al 2019, anno previsto per l’inaugurazione del museo, si preannuncia potenzialmente tortuoso e cosparso di mine antiuomo: in primo luogo, verranno spesi soldi pubblici e già questo basterebbe ad accendere le polemiche. Non solo, ma questi soldi andranno a finanziare un’operazione di ricostruzione storica complessa e, proprio perchè ci riguarda da vicino, facile ai passi falsi, alle storture, alle dicotomie.
Carlo Sarpieri, presidente provinciale dell’associazione partigiani, ha affermato di aver collaborato al progetto per “garantire che non ci siano aspetti celebrativi”, e promette di vigilare “affinché si rispetti il massimo rigore storico-scientifico”.
Eppure, ci si potrebbe chiedere, il compito di far rispettare tale rigore non sarebbe forse degli storici? Di quel comitato scientifico di cui ancora non si è fatto alcun accenno e che materialmente avrà il compito di tracciare le linee guida per ricostruire, attraverso il confronto delle fonti e delle testimonianze (partigiane e non) quei 20 anni di storia d’Italia su cui si pensa di sapere tutto ma su cui in fondo si sa molto poco e, a volte, molto male?
Perché è evidente che se non sarà fatta un’operazione di questo tipo, il progetto è destinato a fallire sotto il peso di una dicotomia tra “fedelissimi e nostalgici della camicia nera” e i moltissimi altri che oltre a sapere che il fascismo è stato una “brutta cosa”, perché glielo hanno insegnato, magari non sanno altro.
“La città non deve celebrare né supportare il fascismo, ma lo deve conoscere in modo completo. E per farlo deve sapere cosa è stato il fascismo, come è nato e come è caduto: occorre raccontarlo senza paura”, aveva detto in un’intervista di due anni fa il sindaco di Predappio.
Ma il progetto di Frassineti e Giunchi, che ha appena curato a Monaco l’apertura di un Museo del Nazismo, in realtà non è l’unico tentativo di ridisegnare l’immagine di un edificio storico legato a un passato dittatoriale.
Nel 2004, nell’anno del 28° anniversario del golpe che ha portato a 7 anni di dittatura argentina (1976-1983) e alla tragedia dei desaparecidos, l’ex Esma (Escuela de Mecánica de la Armada) è diventata uno Spazio per la Memoria, la Promozione e la Difesa dei Diritti Umani. In quel caso, il dolore di uno dei sopravvissuti, Omar, si legava al desiderio di oblio: “Per me quell’istallazione andava rasa al suolo” aveva detto.
Eppure, scriveva Juan Gelman, vincitore del premio Cervantes e uno dei più grandi poeti argentini, “bisogna imparare a resistere. Né ad andarsene, né a rimanere”, perché “di certo, ci sarà ancora più dolore, senza memoria”.
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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