A marzo 2015, dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, sono aumentate le assunzioni rispetto a marzo 2014, ma sono leggermente diminuite rispetto a febbraio, quando la riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Renzi esisteva ancora solo sulla carta.
Lo ha comunicato il Ministero del Lavoro, specificando che si tratta di dati parziali in attesa di verifica indipendente.
I dati riguardano il complesso del mercato del lavoro, esclusi l’impiego domestico e la Pubblica Amministrazione.
Nel mese preso in esame sono stati attivati in totale 641.572 contratti, circa 20.000 più dello stesso mese del 2014. I contratti terminati, invece, sono stati 549.273: il saldo è in positivo di oltre 92.000 unità.
A salire rispetto a marzo 2014 sono soprattutto i numeri dei contratti a tempo indeterminato, 162.498 contro 108.647, quelli interessati dal regime detto delle “tutele crescenti” introdotto nella riforma.
A conferma di questo, è quasi raddoppiato il numero dei contratti a tempo determinato trasformati in tempo determinato, da 22.116 nel 2014 a 40.034 nel 2015. Sono calate invece le nuove attivazioni di contratti a tempo determinato, di apprendistato e di collaborazione.
Continuano insomma la tendenza all’aumento delle assunzioni, ma rallenta rispetto ai mesi scorsi: a gennaio il saldo era di quasi 335.000 unità, a febbraio di 123.000.
Per spiegare questo aumento, secondo gli specialisti, più che al Jobs Act bisogna guardare al regime di sgravi fiscali sulle nuove assunzioni entrato in vigore il primo gennaio.
“Per parlare delle conseguenze del Jobs Act è ancora presto” sostiene Luigi Mariucci, ordinario di Diritto del lavoro all’università Ca’ Foscari di Venezia. Mariucci è contrario al Jobs Act e alla politica economica dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi:
“Nessuna ricerca al mondo ha mai dimostrato che rendendo più facili i licenziamenti si aumenta l’occupazione e la crescita: l’intervento del governo è stato un atto ideologico, mirato a rendere il lavoratore più debole e meno tutelato. Le aziende serie non hanno bisogno di licenziare, ma di avere del personale capace”.
“È prematuro dire che c’è stata una spinta occupazionale” anche secondo Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma. L’aumento delle assunzioni, effetto combinato “della decontribuzione attiva da gennaio e del Jobs Act dal 7 marzo”, sarebbe “in linea con l’aumento degli occupati tracciato da Istat a febbraio e addirittura sotto i livelli di gennaio”.
Per un’analisi seria dei dati, avverte De Nardis, bisognerà aspettare la pubblicazione delle serie Istat basate su indagini a campione, ma “al momento è ancora difficile parlare di una vera e propria ripresa dell’occupazione”.
È più ottimista il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che da Zagabria, dove si trova in visita, ha parlato di dati “ancora iniziali” ma “confortanti”.
“Le riforme sono un percorso virtuoso. Questo è fuori di dubbio”, ha affermato il Capo dello Stato.
Filippo M. Ragusa
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