La Libia torna a sperare in un governo di unità nazionale. Il Consiglio di Presidenza, formato da rappresentanti dei due esecutivi rivali, ha presentato una nuova lista di ministri al posto di quella bocciata tre settimane fa dalla Camera dei Rappresentanti di Tobruk, l’unica assemblea legislativa riconosciuta dalla comunità internazionale.
La nuova lista di nomi prevede un governo più snello: comprenderà 13 ministri e 5 “ministri di Stato” con competenze speciali, sempre agli ordini del premier designato Fayez al-Sarraj. Nella prima bozza il Consiglio aveva indicato 32 nomi, nel tentativo di non scontentare né i gruppi politici di riferimento né le tre regioni storiche del paese (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan). Ma anche la lista più breve, secondo Sarraj, “è basata sull’esperienza, la competenza, la distribuzione geografica e contiene tutto lo spettro delle componenti politiche libiche”.
L’intesa è stata raggiunta ieri pomeriggio a Skhirat, in Marocco, dove si riunisce il Consiglio, ed è stata annunciata alla televisione da Fathi al-Majbari, uno dei nove componenti dell’organo. La lista è stata trasmessa alla Camera dei Rappresentanti di Tobruk per l’approvazione. “Speriamo che questo sia l’inizio della fine del conflitto in Libia”, ha detto Majbari.
“Il viaggio verso la pace e l’unità del popolo libico è finalmente partito”, ha scritto in un tweet il rappresentante ONU Martin Kobler. Commenti ottimistici giungono anche da Federica Mogherini, Alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza: “Ora spero che la Libia possa avere molto presto un governo pienamente operativo”, ha dichiarato arrivando al Consiglio Esteri.
In realtà, però, l’approvazione della nuova lista di ministri non appare ancora scontata. In fondo al documento mancano le firme di due membri del Consiglio di Presidenza, Ali al-Gatrani e Omar Aswad, che avevano già contestato la prima bozza. Il pomo della discordia dovrebbe essere l’uomo indicato per guidare il ministero della Difesa, al-Mahdi al-Barghathi, uno dei due nomi presenti in entrambe le liste (l’altro è il ministro dell’Interno al-Arif al-Khoja). Barghathi è considerato un oppositore del generale Khalifa Haftar, capo carismatico delle milizie che appoggiano il governo di Tobruk, ma prima ancora acerrimo nemico degli islamisti al potere a Tripoli. La sua nomina a ministro rappresenta un gesto di distensione in vista della riconciliazione nazionale, ma i sostenitori “duri e puri” di Haftar, come i due consiglieri dissidenti, potrebbero decidere di non accettare il compromesso e far saltare il banco un’altra volta. A favore del generale gioca il sostegno internazionale promesso dagli Emirati arabi e soprattutto dall’Egitto.
È con questa preoccupazione che Kobler ha invitato “tutti i membri” del parlamento di Tobruk ad “assumersi le proprie responsabilità” e approvare la nuova squadra di governo. “È loro responsabilità salvare il paese dalla piaga di conflitto e distruzione”, ha scritto il rappresentante ONU in una nota ufficiale: “Questa è un’occasione storica per la pace da non perdere”.
Nel frattempo, sul campo, l’ISIS non cede un palmo di terreno. Nei giorni scorsi i jihadisti hanno pubblicato sui social network diverse foto di carri armati, armi e mezzi blindati sottratti dopo i saccheggi dei giorni scorsi nei dintorni di Sidra e Ras Lanuf.
Intanto, i governi di Algeria e Tunisia hanno ripetuto di essere contrari a un eventuale intervento militare internazionale in territorio libico. I ministri degli Esteri dei due Stati del Maghreb, Ramtane Lamamra e Khemaies al-Jhinaoui, che si sono incontrati lo scorso fine settimana ad Algeri, hanno chiesto che il governo di riconciliazione nazionale si insedi al più presto per ricostruire le istituzioni libiche.
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