Questa sera a Milano, al The Space Cinema Odeon, il regista e produttore Luca Elmi presenterà per la prima volta in Italia i suoi due cortometraggi: “The Prostate song” e “Hyena”. Due film molto diversi fra loro: il primo, un musical in stile bollywoodiano girato a Milano, il secondo un film che sembra una pièce teatrale, girato negli Stati Uniti.
Abbiamo intervistato il regista e produttore che è anche lo sceneggiatore di entrambe le opere. Gli abbiamo chiesto quindi, dal momento che i suoi film/corti hanno ricevuto premi e riconoscimenti negli Stati Uniti, quale di questi la rende più orgoglioso?
Direi che vincere qualsiasi premio negli USA per un film che ho scritto in Inglese (e quindi una lingua non mia) è già una bel risultato. In realtà i premi che mi rendono più orgoglioso sono quelli per un mio film italiano che si chiama “Non farai del male” e che è stato accolto benissimo in America… incredibile! Loro che detestano i sottotitoli!
Ha vinto festival nel circuito degli Oscar. Ha mai pensato di fare qualche opera a Hollywood?
Magari! Ma ormai Hollywood è solo un quartiere di Los Angeles. I film approfittano del tax credit americano e vengono girati ad Atlanta e New Orleans, o addirittura a Montreal o in Bulgaria. Hollywood per me è un posto leggendario solo perché il cinema è nato lì. Se solo penso quello che è successo in quel paesello in mezzo alle colline fra il 1920 e il 1960 mi commuovo!
L’anteprima italiana arriva molto dopo l’uscita nel Usa. C’è un motivo specifico?
HYENA è un film – pur se corto – molto difficile. Di solito io cerco di essere sempre più o meno commerciale e faccio film di genere. Insomma… penso sempre al pubblico che siede in platea e non voglio mai annoiarlo. In questo caso ho pensato più a me stesso. Quello che dico in HYENA lo dico soprattutto perché interessa a me. Questa proiezione è una sorta di battesimo per il mercato italiano… spero che il pubblico lo gradisca anche se parla di un argomento sgradevole.
Nei prossimi giorni a Roma ci sarà un evento molto importante voluto dalla Comunità di S.Egidio #PenadiMorteMai. Un concerto al Colosseo contro la pena di morte. Lei come si schiera sull’argomento?
Basta vedere il mio film. Da giovane ero favorevole alla pena di morte. Poi sono cresciuto e ho capito che lo stato non può avere il diritto di uccidere un essere umano. Ci sono uomini che perdono il diritto di essere considerati tali, visto i crimini che commettono. Lo stato non può subire la stessa degradazione. Sono però assolutamente favorevole al carcere, non solo riabilitativo ma pesantemente punitivo. E sono più che favorevole – senza eccessi – alla legittima difesa.
Ha mai pensato di utilizzare Hyena con un intento socialmente utile?
Mi è stato chiesto e in passato con altri film l’ho fatto (“Non farai del male” ha partecipato a vari eventi contro la violenza verso le donne). Anche in questo caso sarei più che lieto – e lo considererei un privilegio – di lasciar parlare il film contro la pena di morte e contro la violenza.
Pensando ad un lungometraggio da firmare, su che genere si attesterebbe? Musical come The Prostate Song o drama come Hyena?
Dramma come HYENA, assolutamente. Magari con un pizzico di giallo…!
La scelta della monolocation di Hyena segue la moda di alcuni film attuali come “Il nome del figlio”, “Carnage” o “Venere in pelliccia”, oppure ha altre motivazioni alla base?
La vera motivazione è che si tratta di uno sguardo molto duro su due persone. La parola e la recitazione sono le due cose più importanti del film. Un simile argomento ha bisogno di un palcoscenico intimo e non rumoroso. La soluzione migliore era filmare il tutto in maniera non intrusiva, come se il pubblico stesse lì ad origliare, ma allo stesso tempo cercare di essere originale e non ripetitivo. E, credetemi, non c’è molta creatività che si possa esprimere con una cinepresa in una stanza chiusa con tre persone ad un tavolo! Per HYENA sono mostruosamente grato a Stefania Calatroni per il montaggio e a Marcello De Toffoli per la musica. Il lavoro di entrambi è stato vitale per far sì che il film diventasse un po’ meno teatrale e un po’ più cinematografico.
Preferisce lavorare in Italia o negli Stati Uniti?
Mi vanno bene tutti e due… basta raccontare una bella storia! In USA si lavora in maniera forse più seria e scandita da ritmi inflessibili. In Italia c’è sempre una strizzata d’occhio al fatto che stiamo ‘affà ’n film… non stiamo mica scoprendo la penicillina!
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