Ignazio Marino usò impropriamente la carta del Comune per spese personali. Tre anni e un mese di reclusione (richiesta ridotta di un terzo poiché l’imputato aveva scelto il rito abbreviato) per peculato, falso e truffa era stata la richiesta avanzata dai pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo a carico dell’ex sindaco di Roma. Lo scandalo, sommato ad una serie di inadempienze e bugie compreso il presunto raggiro della Onlus Imagine dove venivano pagati contributi per dipendenti inesistenti, gli costo nel novembre 2016 il posto in Campidoglio. Poi, il 7 ottobre 2016, il ‘colpo di scena’: il primo cittadino dimissionato dai suoi stessi compagni Pd veniva assolto da tutte le accuse che lo avevano portato sul banco degli imputati. Un vero e proprio ‘colpo di scena’, ovvero, niente cene private – accertate nel numero di 56, fatte tutte passare come ‘incontri istituzionali’ – pagate con carta di credito del Comune per un totale di 13 mila euro circa. Niente dichiarazioni mendaci fatte firmare dalla sua segreteria sulla quale l’illustre chirurgo dem aveva riversato ogni addebito. Insomma, niente di niente.
“L’organo dell’accusa ha fornito l’evidenza positiva del fatto” che Ignazio Marino ha “utilizzato la carta di credito per spese voluttuarie al solo fine di soddisfare bisogni personali”. Scrive oggi la procura di Roma nell’atto di impugnazione della sentenza che ha assolto l’ex sindaco, il 7 ottobre scorso, dalle accuse di peculato, truffa e falso nell’ambito del processo sul caso scontrini e le consulenze della Onlus Imagine.
Nell’assolvere Marino, il gup Pierluigi Balestrieri ha parlato di “errori ed imprecisioni” non penalmente rilevanti, ma figlie di “un sistema organizzativo improntato, soprattutto nella prima fase, a imprecisione e superficialità”. Nel provvedimento di appello, firmato dai pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo, è detto che “risulta illogico affermare che un evento apparentemente di rappresentanza possa essere considerato ‘pubblico’ sulla base di valutazioni soggettive e non verificabili rimesse all’arbitrio del pubblico ufficiale che la eroga in ordine ad oggetto, tempo, modalità, beneficiari, pubblicità”. Inoltre, per i pm, per “26 volte sul totale delle 56 contestate, la cena si è svolta in una giornata festiva o prefestiva e tale circostanza induce a concludere che si trattasse di incontri svoltisi negli spazi di tempo lasciati liberi dagli impegni istituzionali”. Non solo, nell’atto di impugnazione si sottolinea come la restituzione alle casse dell’amministrazione di oltre 19 mila euro da parte dell’ex sindaco dopo il clamore mediatico assunto dalla vicenda, possa essere ritenuta “compatibile con un uso non illecito della carta di credito”. Quanto alla Onlus “Imagine”, creata nel 2005 con l’obiettivo di fornire aiuti sanitari in Sudamerica e Africa, Marino è stato coinvolto in relazione a certificazioni redatte, tra il 2012 ed il 2014, per compensi riferiti a prestazioni fornite da collaboratori fittizi, con presunta truffa ai danni dell’Inps di circa seimila euro, i pm sottolineano come “l’effettiva consapevolezza dell’imputato dell’artificiosità e falsità dell’ operazione realizzata”. “In assenza di qualsivoglia giustificazione in grado di sorreggere l’opportunità di una deviazione dalla prassi solitamente adottata -sottolinea ancora la procura- resta come unica spiegazione verosimile quella secondo cui il Marino ha apposto la propria firma sui contratti falsi, perché, essendo informato dell’operazione che si stava programmando, si è fatto carico di ‘avallare’ la condotta della direttrice”.
A.B.
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