Maxi retata della Dia contro la ‘Ndrangheta. La Polizia e la Direzione Investigativa Antimafia stanno eseguendo perquisizioni e arresti in Calabria, Lazio, Liguria e Piemonte. Nel mirino degli agenti almeno 42 presunti affiliati delle ‘ndrine reggine Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro. Tra beni immobili, depositi bancari e conti societari gli investigatori hanno disposto sequestri preventivi per circa 40 milioni di euro.
A dirigere le indagini è la Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Reggio Calabria. Un primo filone, coordinato dal Servizio centrale operativo (Sco), è stato affidato alle squadre mobili di Reggio Calabria, Genova e Savona; l’altro è coordinato dal centro Dia di Genova, con la collaborazione degli uffici di Reggio Calabria e Roma. Le accuse sono associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società.
Secondo Federico Cafiero de Raho, Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, l’operazione – battezzata Alchemia – “dimostra come la ‘ndrangheta abbia ormai ramificazioni stabili sul territorio nazionale”. Le ‘ndrine avevano interessi non solo nei settori classici del riciclaggio, come il movimento terra, ma anche in attività “ad alta tecnologia e specializzazione” come la produzione di lampadine a LED. A Reggio, rimasta la sede del quartier generale delle operazioni, i cantieri delle grandi opere erano comunque considerati un investimento strategico. Talmente importanti da doverli sostenere, se necessario, corrompendo non solo politici e funzionari del fisco, ma anche comitati di cittadini favorevoli ai lavori. In Liguria la ‘ndrangheta sovvenzionava i sostenitori del Terzo Valico ferroviario, la linea ad alta velocità in costruzione fra Milano e Genova, un affare da oltre sei miliardi di euro. “Abbiamo importanti riscontri riguardo gli appalti – continua de Raho – che dimostrano come i clan fossero attivi sul fronte del Sì Tav”.
Gli indagati avevano contatti con “politici locali, regionali e nazionali di Reggio Calabria” e con “funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione tributaria” sempre della stessa città. Dalle carte dell’inchiesta rispunta il nome del senatore Antonio Caridi. Per poterlo arrestare, la Procura di Reggio aveva già contattato palazzo Madama giorni fa: gli investigatori lo ritengono coinvolto nella “cupola” che governa la ‘ndrangheta, dove si intrecciano malavita e massoneria. Secondo il GIP, quindi, la nuova richiesta di arresto sarebbe pienamente assorbita nella precedente.
Caridi è sospettato di fare da punto di riferimento per tutta la ‘ndrangheta a Roma. Gaetano Paci, procuratore aggiunto della DDA di Reggio, ricorda le elezioni regionali del 2010: “Gli uomini del clan hanno usato metodi da manuale dello scambio elettorale politico-mafioso, arrivando a minacciare i dipendenti delle loro imprese di licenziamento se loro e le loro famiglie non avessero votato Caridi. E lui lo sapeva”.
Gli investigatori fanno anche il nome di un deputato, Giuseppe Galati, sospettato di essersi fatto corrompere da Girolamo Raso per sbloccare lavori edili nel parco naturale di Decima-Malafede, a Roma. Raso e Caridi avrebbero incontrato due volte Galati, ma non è provato che abbiano ottenuto alcunché, tanto è vero che il GIP ha ritenuto che il quadro indiziario non bastasse a giustificare l’arresto dell’onorevole.
La DDA di Reggio ha iscritto fra gli indagati anche Francesco D’Agostino, dal 2014 vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, ma non ha richiesto il suo arresto. Secondo quanto sostiene la Procura, non sarebbe indagato in qualità di politico, ma per il reato di intestazione fittizia di beni, aggravato dall’aver agevolato la ‘ndrangheta. Stamattina gli agenti hanno perquisito la sua casa e il suo ufficio.
Le indagini hanno preso il via da segnalazioni a proposito di ditte attive nel movimento terra in Liguria, per la precisione nel Savonese. A svolgere i primi accertamenti su famiglie di origini calabresi trapiantate in Liguria, fra il 2009 e il 2011, era stata la DIA. Tra il 2012 e il 2013 il dossier è passato alla sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile di Genova, che ha confermato i sospetti sui cantieri del Terzo Valico. Poi tutto il materiale raccolto è stato trasmesso alla DDA di Reggio.
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