Barack Obama è da ieri pomeriggio a Cuba. La sua visita pone fine all’epoca del gelo diplomatico tra Washington e il regime dei fratelli Castro, al potere dal 1959, considerato uno degli ultimi strascichi della guerra fredda.
Si tratta di “un’occasione storica di impegnarsi con il popolo cubano”, ha detto Obama al personale dell’ambasciata USA, riaperta a luglio scorso. Il disgelo tra Washington e L’Avana, come quello con Teheran, è un punto su cui l’amministrazione Obama ha insistito a lungo. Il presidente si è anche scontrato con il Congresso, dove gli avversari repubblicani hanno la maggioranza.
Obama è sbarcato a Cuba alle 16.21, mentre in Italia era sera, con la moglie Michelle, le figlie Sasha e Malia e la suocera Marian Robinson. Ma la macchina delle critiche si è messa in moto prima ancora che finisse di scendere la scaletta dell’Air Force One. Ad aspettarlo a terra, infatti, non c’era il presidente Raul Castro: la delegazione cubana era guidata dal ministro degli Esteri Bruno Eduardo Rodriguez Parrilla. Dagli USA si è provato a disinnescare le polemiche sostenendo si trattasse solo di un dettaglio di protocollo, e che comunque i due capi di Stato si incontreranno oggi in sede istituzionale. Un’altra interpretazione è che Castro abbia voluto mandare un segnale politico: ora i due governi comunicano, ed è una buona notizia per tutti, ma la strada da fare prima di poter dire di essere amici è ancora molto lunga. Fatto sta che l’assenza del presidente è stata abbastanza insolita da essere notata e commentata, attività nella quale si sono scatenati i repubblicani, in piena campagna elettorale in vista delle presidenziali di novembre. Quando il mese scorso all’Avana è sbarcato papa Francesco, uno dei fautori del disgelo tra USA e Cuba, Castro era al suo posto in pista.
“È meraviglioso essere a Cuba”, ha detto Obama appena arrivato. Quella iniziata ieri sera è solo la seconda visita di un presidente USA nella storia di Cuba. La prima risale al 1928, quando Calvin Coolidge inaugurò una conferenza panamericana. Come ha ricordato Obama, Coolidge era arrivato a bordo di una nave da guerra, la corazzata Texas, impiegandoci tre giorni, mentre lui in aereo ci ha messo circa tre ore.
Il presidente USA e la sua famiglia si tratterranno tre giorni a Cuba. Ieri sera, dopo una breve sosta all’ambasciata, Obama ha incontrato in privato il cardinale Jaime Ortega, uno degli artefici delle trattative per il disgelo. Oggi sono previsti l’omaggio a José Martì, eroe dell’indipendenza di Cuba dalla Spagna, e il faccia a faccia con Raul Castro, che si concluderà con una cena di Stato al Palacio de la Revolucion. Ma i riflettori sono puntati anche sul discorso pubblico che Obama terrà domani al Gran Teatro dell’Avana, che ha tutti i requisiti per entrare nella storia. In agenda per domani ci sono una partita di baseball fra la nazionale cubana e la squadra americana dei Tampa Bay Rays, e l’incontro con una delegazione della società civile, al quale sono stati invitati anche alcuni dissidenti. Chi non vedrà Obama, invece, è Fidel Castro, protagonista della rivoluzione e presidente fino al 2008, quando ha lasciato il posto al fratello per motivi di salute.
Al seguito del presidente, a Cuba è sbarcato anche un gruppo di imprenditori americani. Nelle intenzioni di Obama il turismo e il commercio dovrebbero cementare i rapporti fra i due Stati e rendere definitiva la distensione. Come ha indicato l’incidente dell’aeroporto, però, i governi sono ancora distanti su numerose questioni. Dal punto di vista economico, la prima è l’embargo, deciso dagli USA quando ruppero le relazioni diplomatiche con Cuba nel 1961. In campo militare bisogna trovare una sistemazione per la base militare di Guantanamo, gestita dagli USA in territorio cubano, che Obama ha detto più volte di voler chiudere. E poi ci sono tutti i problemi legati ai diritti civili e politici. Il presidente USA ha promesso di parlarne nei prossimi giorni, ma il tema è di scottante attualità: l’ultima retata è stata compiuta appena poche ore prima del suo arrivo.
Nella capitale, tappezzata di manifesti con i primi piani di Obama e Castro, sono arrivate decine di giornalisti stranieri. Approfittando della loro presenza una cinquantina di Damas de blanco – mogli e figlie di detenuti politici – ha sfilato davanti alla chiesa di Santa Rita, nel municipio di Miramar, ed è venuta a contatto con una contromanifestazione di sostenitori del regime. La polizia ha arrestato una cinquantina di persone “in modo particolarmente violento”, sostengono gli oppositori. Tra di loro circa venti Damas, inclusa la leader Berta Soler. “È stato brutale”, denuncia un oppositore: “Ci sono persone con fratture e contusioni, ci hanno picchiato duro”.
Filippo M. Ragusa
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