“Chi si sarebbe aspettato un cielo blu attorno a Plutone? È un’immagine bellissima”. Alan Stern, responsabile della missione New Horizon, commenta così i dati ricavati dalla sonda lanciata in orbita nel 2004. Le immagini dallo spazio mostrano come intorno a Plutone ci siano delle nebbie atmosferiche di colore blu. “Il fenomeno è causato da particelle simili a fuliggine, che sono anch’esse molto piccole, e che si chiamano toline”, spiega Carly Howett, responsabile di uno degli strumenti che hanno reso possibile l’invio dei dati sul celebre pianeta nano.
In realtà, il colore reale sarebbe grigio-rossastro, continua Howett, del Southwest Research Institute (SwRI) di Boulder, in Colorado: “Quando si osserva un cielo blu significa che la luce solare viene diffusa da parte di particelle molto piccole e sulla Terra questo effetto è prodotto da minuscole molecole di azoto. La scoperta è importante perché “il colore ci racconta qualcosa sulle dimensioni e sulla composizione delle particelle presenti nell’atmosfera”.
Ma la New Horizon ha evidenziato anche un altro fenomeno, quello della presenza di numerose tracce di acqua ghiacciata sulla superficie del pianeta. “La maggior parte delle regioni di Plutone non mostrano ghiaccio d’acqua. Ipotizziamo che esso sia mascherato da ghiacci di altra composizione” spiega Jason Cook, astrobiologo della Nasa.
Tali tracce però sarebbero presenti solo in alcune regioni del pianeta: “Capire perché l’acqua appare in certi luoghi e non in altri – continua Cook – è una sfida che stiamo affrontando”. Dopo la “comparsa” di acqua su Marte, che ha reso possibile ipotizzare che nel passato, il celebre pianeta rosso sia stato in realtà un “pianeta blu”, solcato da ben due oceani di diverse dimensioni, ora i dati provenienti dal passaggio ravvicinato della New Horizon lo scorso 14 luglio potrebbero forse rappresentare dei passi da gigante nella ricerca delle condizioni necessarie alla vita nell’intero Universo. Soprattutto se siamo sostenitori dell’equazione acqua=vita.
Da parte sua Plutone, con i suoi 5 miliardi di chilometri di distanza dalla Terra, era il pianeta più esterno al sistema solare, prima di essere declassato a “plutoide”, non essendo in possesso di tutte le caratteristiche necessarie all’assegnazione dello status di pianeta (al pari degli altri 8).
Questo lo ha inevitabilmente reso protagonista di molti scenari fantascientifici: secondo uno di questi, I pianeti esterni sono tra quelli formati prima, prima ancora della Terra. Perciò, se fosse provata l’esistenza di condizioni che rendessero possibile la vita su quei pianeti, essi sarebbero divenuti abitabili molto prima e di conseguenza, sarebbero molto più evoluti di noi. Fino adesso, di pianeti simili al nostro se ne sono trovati circa 12.
La New Horizon continuerà a trasmettere i dati da Plutone per altri due mesi, e chissà se le nuove informazioni contribuiranno a rispondere a uno degli interrogativi più ricorrenti nella storia dell’uomo: siamo veramente soli nell’Universo?
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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