La decisione di Matteo Renzi di lasciare la segreteria di un Pd uscito dalle urne con le ossa rotte, dopo vari annunci e smentite è stata infine confermata alle ore 18, 30 di ieri al Nazareno.
“E’ ovvio che io debba lasciare la guida del partito democratico”. Esordisce così il segretario scelto nel congresso di partito del 2013, tra quattro candidati, e riconfermato nel 2017. Quello di prendere atto della ‘sconfitta netta’ dei Dem è stato un passo necessario. Come anche riconoscerlo e affermarlo pubblicamente: “Si tratta di una sconfitta netta, una sconfitta che ci impone di aprire una pagina nuova all’interno del Pd”. Matteo avverte però che la sua uscita non sarà come una morte improvvisa: “Non c’è nessuna fuga – dice – Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta”. E precisa che “come previsto dallo Statuto” ha chiesto al presidente del Pd Orfini di convocare un’assemblea nazionale “per aprire la fase congressuale al termine dell’ insediamento del Parlamento e della formazione del governo”. In altre parole, colui che ‘scippò’ nel 2014 l’incarico di ex presidente del Consiglio ad Enrico Letta, non molla ancora il timone del Pd.
Al Nazareno Renzi commenta poi il risultato “assolutamente deludente” delle elezioni sentenziando che è “l’evidenza di un vento estremista che nel 2014 siamo riusciti a fermare e incanalare a nostro sostegno e stavolta non siamo riusciti a bloccare”.
E, poi, giù con le colpe: riferendosi al presidente Mattarella dice che “è stato un errore non votare in una delle due finestre del 2017 in cui si sarebbe potuta imporre una campagna sull’agenda europea”. Durissimo con lui il ministro della Giustizia e leader della minoranza interna, Andrea Orlando, che parla di “consueta elencazione di alibi” e di “dimissioni non dimissioni” che costituiscono una “soluzione ambigua” per i problemi del partito.
Il discorso di Matteo è stato definito da molti confuso, arrogante e strampalato. Alessandro Di Battista osserva che “pur di non dimettersi realmente è disposto a frantumare quel che resta del Pd e cosa pensa il Pd? A questo personaggio non gli basta mai la lezione, sempre arrogante, non ha chiesto scusa, non si rende conto che se Minniti ha perso è colpa sua, che sta antipatico a tutti”. La ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro punta invece sul “senso di responsabilità di lealtà e di chiarezza” di cui Matteo Renzi dovrebbe dare conto “ai suoi militanti, ai suoi elettori”.
E l’altro Matteo, quello vincitore, il Salvini della Lega, esulta in un tweet: “Renzi si è dimesso, Grazie Italia! Vi voglio bene amici”.. Salvini allega al tweet una sua foto con in mano una bottiglia di vino rosso, con l’etichetta con su scritto: “Il mio premier è lui” e la sua foto stampata.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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