Anche gli ultimi due corpi che mancavano all’appello sono stati recuperati dai vigili del fuoco tra le macerie dell’hotel Rigopiano. Ad una settimana dalla valanga che ha travolto il resort, il bilancio ufficiale è dunque di 29 vittime e 11 sopravvissuti. Non ci sono più dispersi in base alla lista ufficiale fornita ai soccorritori, che comprendeva 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti dell’hotel.
C’erano 40 persone nel Resort di lusso, a 1200 metri di altitudine, quando la valanga che si è staccata dalla montagna con una forza di accelerazione che un boschetto alberato non è riuscito a frenare, nel pomeriggio di mercoledì 18 gennaio, ha investito la struttura: 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti, compresi il titolare Roberto Del Rosso e il rifugiato senegalese Faye Dane. A distanza di una settimana tutte le vittime sono state recuperate, 29 corpi; gli ultimi due nella tarda serata di ieri. Due persone, il cuoco Giampiero Parete e il tuttofare dell’hotel, Fabio Salzetta, si sono salvati perché al momento della slavina si trovavano all’esterno dell’albergo. Sono stati recuperati all’alba di giovedì scorso dagli uomini del soccorso alpino che per raggiungerli hanno affrontato una marcia di 9 chilometri affondando nella neve con ciaspole e racchette, essendo la strada per raggiungere l’albergo ostruiva da cumuli di neve e non avendo un mezzo meccanico funzionante per rimuoverla.
Dalle macerie i vigili del fuoco hanno poi estratto vive, tra la giornata di venerdì e l’alba di sabato scorsi, 9 persone: la moglie e il figlio di Parete, Adriana Vranceanu e il piccolo Gianfilippo; tre bambini, l’altra figlia di Parete, Ludovica, Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, e altre 4 persone. Si tratta di Giampaolo Matrone, Vincenzo Forti, Francesca Bronzi e Giorgia Galassi. Sono state tutte estratte le vittime: 29 corpi, 15 uomini e 14 donne. Di queste ne sono state identificate 20, si tratta di 9 donne e 11 uomini: Rosa Barbara Nobilio e suo marito Piero di Pietro, Nadia Acconciamessa e il marito Sebastiano di Carlo, l’estetista dell’hotel Linda Salzetta, Paola Tommasini, Ilaria De Biase, Luana Biferi, Jessica Tinari, Sara Angelozzi, Marinella Colangeli, il maitre dell’hotel Alessandro Giancaterino, il cameriere Gabriele D’Angelo, Stefano Feniello, Marco Vagnarelli, l’amministratore dell’hotel Roberto Del Rosso, il receptionist Alessandro Riccetti, il rifugiato senegale Faye Dame, Claudio Baldini, Emanuele Bonifazi. Nove i corpi ancora da identificare che sono all’obitorio dell’ospedale di Pescara.
La macchina dei soccorsi si è resa conto per la prima volta che qualcosa di grave era veramente accaduta a Rigopiano alle 19.01, la seconda volta che Giampiero Parete aggancia il 118 di Pescara e racconta della valanga. E’ questa telefonata che convince le sale operative. Tra le 16.30-16.45, ora presunta della slavina e i disperati tentativi dei sopravvissuti di chiamare i soccorsi, e la realizzazione da parte delle forze preposte all’emergenza, c’è stato un lasso di tempo di almeno due ore: “E’ evidente, delle incomprensioni relative alle richieste di aiuto ci sono state”, ha ammesso la procura di Pescara. Ma l’indagine conferma che la macchina dei soccorsi non è stata ferma: semmai ha incontrato ostacoli nel trovare conferme nel corso di quelle ore. “Al momento non ci sono indagati”, ha spiegato il pubblico ministero Cristina Tedeschini, ma intanto è stata ascoltata la filiera dei funzionari che ha risposto agli appelli in sala operativa della Prefettura: ieri Daniela Acquaviva, oggi Ida De Cesaris. La tempistica, come è chiaro da tempo, ha una importanza vitale per le indagini, e le autopsie daranno le risposte decisive su dove indirizzare le responsabilità. Per Domenico Angelucci, medico legale di parte, Gabriele D’Angelo sarebbe morto assiderato sotto la valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano. “Non ci sono segni di traumi né di asfissia come emorragie congiuntivali. Secondo noi, se fosse stato soccorso entro due ore probabilmente poteva essere salvato”, riferisce il medico. Smentisce l’ipotesi, però, lo stesso pm, secondo cui “non ci sono casi in cui la causa esclusiva è l’ipotermia”. Le prime sei autopsie hanno evidenziato “dinamiche di decesso diverse l’una dall’altra”, ha spiegato Tedeschini. “In alcuni casi, ci sono state morti immediate per schiacciamento, in altri casi ci sono stati decessi meno immediati con concorrenza di cause temporalmente assai prossime: schiacciamento, ipotermia e asfissia”. Rimane fermo sulla sua versione, invece, il medico legale di parte, secondo cui anche il maitre Alessandro Giancaterino sarebbe morto per mero assideramento, perché lui e D’Angelo sono stati ritrovati vicini e nelle stesse condizioni. Cioè all’esterno dell’hotel. Secondo Angelucci la causa dell’ipotermia sarebbe anche contenuta nel certificato di morte redatto e inviato al Comune di Penne per il nulla osta per i funerali del ragazzo. Il procuratore Tedeschini ha intanto parlato di acquisizioni importanti di documenti: in Regione era stato raccolto il materiale elettronico e si è presa visione della parte cartacea. Meno il Piano valanghe, per il semplice fatto che non c’è. “Ad oggi la elaborazione di tale importante strumento, a causa della esiguità dei fondi da dedicare all’attività di censimento e ricerca, riguarda una piccola parte del territorio regionale montano”: è quanto si legge sul sito della Protezione Civile Regione Abruzzo in merito alla redazione della ”Carta di localizzazione dei pericoli di valanghe”, prevista dalla legge del 1992. La Regione quindi non ha in questi anni disposto risorse per la realizzazione della mappa delle aree a rischio valanga. Sul sito l’ente ricorda che nelle ”aree soggette a tale pericolo è sospesa l’edificazione, la realizzazione di impianti e infrastrutture ai fini residenziali, produttivi e di carattere industriale, artigianale, commerciale, turistico e agricolo nonché ogni nuovo uso delle aree che possa comportare un rischio per la pubblica e privata incolumità”.
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