Continua a crescere il rispetto dei russi per Josef Stalin e la giustificazione dei suoi crimini.
E’ quanto emerge da un nuovo sondaggio dell’istituto indipendente Levada. Il 70 per cento degli intervistati ritiene che il promotore delle purghe, in cui centinaia di milioni di persone furono uccise dopo essere state condannate a morte in processi farsa e milioni furono inviate nei gulag, abbia svolto un ruolo decisamente positivo o relativamente positivo “per la vita del paese” . A pensarla così nel 2016 era il 54 per cento dei russi.
Solo il 19 per cento invece considera quello che ha fatto Stalin al potere come decisamente negativo o relativamente negativo (il 30 per cento nel 2016). Il 51 per cento dei russi ha ora una opinione personale positiva di Stalin (il quattro per cento lo ammira, il 41 per cento prova rispetto per lui e il sei per cento lo apprezza). Nel 2016, il 40 per cento dei russi ammetteva di averne opinione positiva.
Il 46 per cento (il 36 per cento nel 2016) degli intervistati ritiene inoltre che le vittime umane fra i sovietici in epoca staliniana sono state giustificate dai grandi obiettivi e risultati raggiunti in un breve periodo di tempo. Non sono giustificate per il 45 per cento dei russi, contro il 49 per cento dell’ultimo sondaggio.
Il presidente Putin aveva dichiarato nel 2017 che l’ “eccessiva demonizzazione” di Stalin “è un modo di attaccare l’Unione sovietica e la Russia”. Anche se nell’ottobre del 2017, poi, ancora Putin partecipando alla cerimonia per l’inaugurazione del Muro della pianto, a Mosca, in ricordo delle vittime delle purghe, avrebbe denunciato come non fosse possibile dimenticare e giustificare “il passato orribile”. Ancora: lo scorso anno il presidente non prese parte alle cerimonie per la Giornata del ricordo delle vittime delle repressioni politiche e non ha fatto alcuna dichiarazione.
La storia
Stalin uno dei personaggi più influenti del ‘900, rimane nella memoria come uno dei tiranni tra i più crudeli, per aver interpretato la parte dello statista dalle mille facce capace di fiutare le opportunità storiche e di cambiare rotta politica spiazzando compagni e oppositori.
Firma il patto Molotov-Ribbentrop che lo allea di fatto con la Germania Nazista, nell’agosto del ’39. Si allea con le forze occidentali a Yalta nel 1945.
E’ spietato anche con i suoi più stretti collaboratori. Come con il suo amico e compagno di partito Sergej Kirov, capo comunista a Leningrado ucciso in un attentato forse ordinato proprio da Josif Vissarionovic Dzugasvili detto Stalin, acciaio.
Nei suoi gulag trovarono la morte tanti italiani (molti dei quali comunisti) Furono esattamente 1.020 gli italiani che tra il 1919 e il 1951 subirono qualche forma di repressione: fucilazione, internamento in un campo di concentramento, confino, deportazione, privazione dei diritti, emarginazione. In totale la comunità italiana comprendeva 4.000 individui di cui 3.000 nella sola Crimea.
La parola ‘gulag’ voleva dire semplicemente Amministrazione centrale dei campi. Nella realtà invece è stata la più imponente e brutale opera di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.
In sostanza i gulag furono enormi campi di concentramento, ancora più vasti rispetto a quelli nazisti dove furono deportati tra i 15 e i 18 milioni di persone e dove probabilmente morirono di lavoro, di freddo, di malattie e di violenze varie 2 milioni di persone.
Ne sono stati contati poco meno di 500, comprendendo i maggiori. Ma ognuno di essi aveva decine e decine di sottocampi più piccoli. In totale si può parlare di alcune migliaia di gulag sovietici nel periodo compreso tra il 1929 e la morte di Stalin nel 1953. Con il ’56-60 tutti i campi di detenzione furono chiusi. Quindi il periodo storico comprende circa 25-30 anni.
Nei lager sovietici si lavorava duramente con ritmi di lavoro che potevano arrivare a 15-16 ore al giorno. Tra i tanti arcipelaghi della morte forse il più famoso è quello della Kolima nell’estremo nord-est dell’URSS: 3 milioni di chilometri quadrati, cinque volte la Francia (10 volte l’Italia), fu chiamata “Auschwitz bianca” perché si lavorava fino a 50 gradi sottozero vestiti con giacconi logori e nutriti malamente. Per dare un’idea delle distanza, tra Mosca e Vladivostok ci sono 8 fusi orari e 8000 chilometri di distanza / oggi 8 giorni di treno.
Diceva un vecchio adagio diffuso tra i detenuti: “Kolima, Kolima, lontano pianeta. Dodici mesi d’inverno, il resto è estate”, ma c’è anche una variante che fa: “Kolima, Kolima, dodici mesi di inverno, il resto è inferno. Sii maledetta, Kolima, tu che sei chiamata pianeta incantato”.
Kolima, “Crematorio bianco”, “Auschwitz di ghiaccio”, come la definisce Varlam Salamov, autore dei “Racconti della Kolima” (1200 pagine di orrori) / fece 19 anni a Kolima.
Qui vennero deportati 1 milione e 200mila individui e ne morirono centinaia di migliaia. In 12 ore di lavoro il detenuto doveva trasportare 25 tonnellate di roccia (per estrarre il carbone o l’oro). Solo così avrebbe avuto una alimentazione adeguata. Dalla Kolima si ricavarono decine di tonnellate di oro ogni anno che viene scavato a cielo aperto, ma anche cobalto, uranio, stagno, carbone e tante altre materie prime fondamentali per l’industria sovietica.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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