Entra ufficialmente in vigore la «tassa sulla spesa». Dal 1°gennaio, infatti, sono obbligatori nei supermercati per l’acquisto di frutta e verdura sfusa i sacchetti in plastica biodegradabile e compostabile, che avranno un costo da aggiungere all’acquisto effettuato. Ancora da quantificare in via definitiva, anche se siamo già al terzo giorno del nuovo anno, ma è ipotizzabile che ogni sacchetto oscilli tra uno e 5 centesimi. Per una spesa complessiva media, a famiglia e in un anno, che può variare dai 20 ai 50 euro a famiglia, a seconda della frequenza degli acquisti nei 12 mesi, dice il presidente di Codacons, Carlo Rienzi, definendola una “tassa occulta”. Differente invece la stima di Adoc che prevede un aggravio fra i “18 e i 24 euro l’anno per circa 600 sacchetti consumati a famiglia”. Una scelta, decisa nella lotta all’inquinamento ambientale e al problema delle microplastiche nei nostri mari, che peserà quindi, ancora una volta, sulle tasche degli italiani.
Come stabilito per legge, inoltre, per questioni igieniche non si potrà portare il proprio sacchetto da casa rendendo in questo modo obbligatorio l’investimento di qualche centesimo -nel caso si voglia acquistare frutta, verdura o altri prodotti di gastronomia, macelleria, pescheria e panetteria – per l’involucro biodegradabile che, però, in quanto tale potrà essere riutilizzato per conferirvi l’umido. In caso di inadempienze per i venditori – l’obbligo si estende dalla grande distribuzione ai piccoli negozi – sono previste multe salate che vanno da 2.500 a un massimo di 25mila euro.
Il Codacons raccogliendo il malcontento dei cittadini/consumatori, dichiara che «si tratta di un balzello inutile che non ha nulla a che vedere con l’ ambiente e con la lotta al consumo di plastica. Al contrario la misura è una vera e propria tassa introdotta dal Governo che peserà in modo non indifferente sui consumatori, determinando nuovi aggravi a loro carico». Il provvedimento determinerà un aggravio di spesa a famiglia, laddove il costo degli shopper avrebbe dovuto essere interamente a carico dei supermercati e dell’ industria. «Vergogna italiana», commenta l’ associazione consumatori.
Una polemica che diventa anche politica perché, come denunciato da Affari Italiani , a guadagnarci c’ è qualcuno, con nome e cognome. «Per capire chi in queste ore sorride al pensiero dei sacchetti a pagamento bisogna mettere insieme alcuni fatti, qualche sospetto e un numero impressionante di coincidenze – si legge – . Che hanno una data d’ inizio: 3 agosto 2017. È il giorno in cui viene approvato in commissione, con voto compatto del gruppo del Pd, l’ emendamento che introduce il balzello. In pieno clima di ferie il Parlamento sente l’ esigenza di accelerare la norma infilandola in una legge che c’ entra ben poco, il Dl Mezzogiorno. Gli unici ad applaudire pubblicamente la norma, scrive il Giornale, sono i vertici di Assobioplastiche, il cui presidente, Marco Versari, è stato portavoce del maggiore player del settore, la Novamont, già nota per aver inventato i sacchetti di MaterBi, il materiale biodegradabile a base di mais. (…) L’ amministratore delegato è Catia Bastioli, una capace manager che ha incrociato più volte la strada del Pd e di Renzi. Nel 2011 partecipa come oratore alla seconda edizione della Leopolda, quella in cui esplode il fenomeno Renzi. Molti degli ospiti di quell’ evento oggi occupano poltrone di nomina politica. (…) L’ azienda che guida è l’ unica italiana che produce il materiale per produrre i sacchetti bio e detiene l’ 80% di un mercato che, dopo la legge, fa gola: inizialmente i sacchetti saranno venduti in media a due centesimi l’ uno. Le stime dicono che ne consumiamo ogni anno 20 miliardi. Potenzialmente dunque, è un business da 400 milioni di euro l’ anno».
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