Vagonate di denaro. Tutto in contanti e per svariati milioni di euro consegnate nelle mani degli immancabili fedelissimi che non mancano mai quando, il potere dell’interlocutore da corrompere è enorme. Però il personaggio pescato con le mani nella marmellata, questa volta, non esce da un romanzo di Jan Fleming, ma dall’Eliseo la sede della presidenza della Repubblica Francese dove fino a qualche anno fa risiedeva insieme alla sua bella consorte Carla Bruni, Nicolas Sarkozy.
E’ di queste ore la notizia che la polizia di Nanterre lo ha trattenuto in stato di fermo, fermo che il magistrato potrebbe anche trasformare in arresto qualora trovassero conferma le accuse fatte nei suoi confronti dal figlio di Gheddafi Saif Al Islam, accuse dettagliate e circostanziate che, nel 2012, portarono all’apertura di una inchiesta ora entrata nel vivo. “Quel pagliaccio- disse il figlio di Gheddafi all’epoca – restiuisca i soldi che gli abbiamo dato a piene mani”. Noi non staremo qui a raccontare i risvolti della vicenda giudiziaria. Per questo rimandiamo ad una intervista allo stesso secondogenito del leader libico, fatta ad Euronews, nel 2012, dopo la caduta e l’assassinio del padre.
A noi interessano le cause ed i riflessi politici ed economici che quell’autentica aggressione militare alla Libia, guidata da inglesi e francesi, ha comportato per l’Italia. Non possiamo dimenticare infatti che grazie all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, molto amico di Sarkozy e ad un riluttante, ma alla fine complice, presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, l’Italia fu trascinata in quell’avventura senza senso.
La verità che ci interessa capire è perchè fu scatenata quella guerra e perchè fummo così sprovveduti da accettare le iniziative di due Paesi chiaramente interessati a mettere in discussione gli interessi italiani in Libia. Gheddafi doveva cadere perché in Libia doveva essere portata la democrazia, si disse allora. Lo sostenevano Tony Blair e Nicolas Sarkozy. Il primo per tutelare i grandi interessi in campo petrolifero che gli inglesi hanno in Medioriente. Il secondo per ragioni di strategia geopolica militare. Facendo finta di non ricordare, il furbacchione, un particolare importante: che era stato un uomo al soldo del dittatore libico. E che qualunque operazione militare anche la più rapida e chirurgica, non avrebbe fatto a tempo a cancellare tracce così importanti della sua corruzione.
I francesi da sempre odiavano Gheddafi. Perchè? Semplice. Il leader libico li aveva sempre messi in difficoltà fin dai tempi delle sue mire espansionistiche, negli anni settanta ed ottanta, verso i paesi del Sahel e del Centroafrica, aree che Parigi, grazie ai solidi rapporti dell’epoca coloniale continuava a tenere in quelle aree, tra le più povere del pianeta. In quel contesto dobbiamo inserire anche la fine del Dc 9 dell’Itavia abbattutto da caccia francesi ed Usa, nel 1980, perchè scambiato per l’aereo di Gheddafi in transito sull’Italia.
Sì furono proprio la Francia di Sarkozy e l’Inghilterra del liberal socialista di Tony Blair a muoversi per far prevalere un mero quanto spregiudicato principio di ragion di Stato. Un vergognoso neocoloniasismo di ritorno che, sfuggì a Berlusconi e Napolitano e che a noi italiani avrebbe lasciato una pesante eredità fatta di danni economici, politici e sociali.
La caduta del dittatore libico avrebbe infatti provocato la frantumazione del potere statale libico oggi balcanizzato e senza prospettive di rinascita. Quell’avventura ci ha messo alla porta per quanto riguarda gli interessi petroliferi del nostro Paese nell’area, ma ha anche aperto le porte a quel traffico tumultuoso di esseri umani nel Canale di Sicilia che l’Italia ora sconta in maniera drammatica e senza alcun appoggio da parte di quei paesi, francesi in testa, che quella guerra la cercarono o altri come la Germania e gli stati del Centroeuropa che si limitarono a voltarsi dall’altra parte, facendo finta di niente.
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