Non solo ripercussioni sull’ambiente o sulla fiducia globale, lo scandalo emissioni di Volkswagen, la casa tedesca che ha scritto pagine consistenti della storia automobilistica, rischia di avere possibili contraccolpi sull’economia anche in Italia.
Mentre il Dieselgate si appresta a vivere il suo secondo capitolo, quello dei richiami di almeno 11 milioni di vetture dal costo, per il colosso di Wolsbourg, di diversi miliardi di euro, oggi il vice direttore generale di Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, durante l’audizione sulla nota di aggiornamento al Def, ha sottolineato che all’incertezza presente sui mercati globali si è aggiunta negli ultimi giorni “quella connessa con le possibili ripercussioni, difficili da quantificare, del grave scandalo Volkswagen sul settore dell’auto e sulle aspettative degli investitori e dei consumatori”.
Secondo Signorini “nell’area dell’euro la ripresa si è intensificata dalla fine dello scorso anno”, tuttavia “al rafforzamento della congiuntura europea si contrappone un significativo indebolimento dell’attività economica in Cina e nelle altre economie emergenti”.
L’effetto di questo rallentamento “sulle economie avanzate non è stato rilevante; esso costituisce tuttavia un elemento di incertezza per il futuro: potrebbe portare un ridimensionamento delle prospettive globali di domanda e di inflazione e incidere negativamente sulla fiducia degli investitori”.
In effetti, oltre la figuraccia internazionale, l’operazione avviata da Mueller aggiunge uscite di denaro alle perdite in borsa subite dalla casa tedesca: analisti stimano in oltre 20 miliardi di dollari l’impatto su VW che dovrà non solo ritirare i veicoli ma anche porre rimedio al problema che, a monte, era stato risolto grazie al software che consentiva la riduzione delle emissioni durante i controlli.
I contraccolpi sul mercato, poi, non facilitano la situazione: oltre alle ingenti perdite, che ovviamente si riperquotono anche sugli azionisti dei fondi di investimento, si ha notizia che il prossimo 6 ottobre il titolo uscirà dal listino Dow Jones Sustainability Index che raggruppa le aziende che, almeno sulla carta, prestano attenzione ai temi della sostenibilità ambientale.
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