Il dato politico più significativo lo ha fornito il candidato premier nazionale dei 5 stelle Luigi Di Maio: “incontrarsi con Renzi è inutile. Il Pd è defunto, presto la sua leadership sarà messa in dubbio…Il confronto in Tv non serve”. Spicciativo e brutale il leader che Grillo ha voluto alla guida del movimento, trae spunto dai risultati elettorali siciliani per lanciare la grande sfida nazionale che la prossima primavera vedrà gli italiani alle urne anche se con una contestatissima legge elettorale voluta da Pd e Forza Italia.
Le urne in Sicilia consacrano con Musumeci, un candidato di destra fortemente voluto da Fratelli d’Italia accettato dalla Lega di Salvini, il passaggio di consegne tra una sinistra malconcia e priva di prospettive ed una destra pronta ad inseguire il nemico sul terreno nazionale. Prima considerazione: unita la destra sembra destinata a vincere. Seconda considerazione: la sinistra o il centrosinistra come formula allargata, spaccato in Parlamernto e diviso al suo interno sul territorio, perde. Terza considerazione: dopo la vittoria come primo partito, parlare oggi dei 5 stelle come una sorpresa non ha più senso. In Sicilia dopo l’ultima consultazione che ha portato Cancelleri a sfiorare il controllo di Palazzo dei Normanni il movimento ha dimostrato il volto strutturato di un partito in grado di competere a tutti i livelli, nazionale compreso.
E qui sta la svolta forse più interessante. Il movimento di Grillo ha la forza ed il fiato per un confronto di lunga durata. Malgrado la coalizione che ha voluto penalizzare Di Maio e compagni sulle regole del gioco, bloccando l’ascesa degli outsider di regime alle prossime elezioni nazionali il movimento ha tirato fuori di nuovo la testa dall’acqua. La gente sembra nutrire ancora molta fiducia. Anzi sembra di capire che l’elettorato (sempre più disaffezionato a giudicare dall’affluenza alle urne) ha voluto dare un segnale chiaro: a destra per governare e con i 5 stelle per cambiare e portare gente nuova ed inattaccabile nelle stanze del potere cambiando al tempo stesso le regole di un paese in costante e pericoloso declino.
L’ultima e più importante considerazione va fatta su Renzi, il Pd e quanti contestano la linea di quello che fu il partito di Gramsci Togliatti e Berlinguer. L’epopea dell’ex sindaco di Firenze potrebbe aver imboccato una strada senza ritorno iniziata con la sconfitta al referendum costituzionale dello scorso quattro dicembre e continuata con l’indecente e farabuttesca gestione della crisi delle banche che ha segnato il punto più basso dei consensi verso Renzi, il Pd e gli ultimi governi della Repubblica, impegnati a difendere e coprire, con la complicità di magistratura ed istituzioni compromesse con il sistema, Consob e Bankitalia, ingiustizie e malfattori
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