Una notte da sogno, vissuta con la passione, l’entusiasmo e la voglia di essere protagonisti fino in fondo. Il tutto sotto gli occhi felici della più grande icona vivente che il Golfo possa vantare: quelli di Diego Armando Maradona, presente in tribuna dopo un’assenza da questi lidi che perdurava dal lontano 2005.
E’ stata in tutto e per tutto la notte di Napoli e del Napoli. Una notte di festa che Higuaìn e soci hanno voluto regalare ai propri tifosi, aggrappati a questa Coppa dopo qualche delusione di troppo patita in un campionato iniziato con velleità di titolo e troppo presto archiviato sotto la voce “Sarà per l’anno prossimo”.
Il Napoli raggiunge così, per la nona volta nella sua storia la finale di Coppa Italia, dove troverà un’altra società in prepotente ascesa, quella Fiorentina che, come gli azzurri, ha conosciuto, in tempi relativamente recenti, l’onta delle serie minori (entrambe hanno calcato i polverosi terreni della terza serie), ma guarda al presente e all’immediato futuro con l’ambizione di rinnovare antichi fasti.
A far le spese della serata perfetta dei padroni di casa una Roma che, a dispetto del 3-0 finale, ha comunque giocato una buona gara ed è uscita ridimensionata più nell’entità del punteggio che non nella qualità della prestazione.
Per un sogno che prosegue, quindi, ce ne è un altro, quello della stella d’argento e della rivincita dopo il dolorosissimo epilogo del 26 maggio scorso, che abortisce.
La Roma ha pagato oltremisura alcuni errori individuali, più che di atteggiamento: scesa al S.Paolo ben sapendo che l’esiguità del “tesoretto” maturato dopo l’andata nulla poteva garantire, la formazione di Garcia ha subito provato il blitz ma, stavolta, complice anche uno strepitoso Reina, autentico baluardo della retroguardia napoletana oltre che interprete straordinariamente moderno del ruolo di portiere ( ottimi riflessi tra i pali, tempi perfetti nelle uscite e piedi che gli consentono di imbeccare direttamente le punte oltre che di svolgere le mansioni da libero aggiunto), ha dovuto presto arretrare il baricentro lasciando campo e boccia agli azzurri. I quali, pur creando numericamente, meno pericoli, hanno avuto l’indiscutibile merito di essere chirurgici davanti ai pali dell’ex De Sanctis. Callejòn nella prima frazione e Higuaìn e Jorginho (strepitoso l’assist di Mertens) in un inizio di ripresa da fuochi d’artificio hanno stordito e messo alle corde la Roma, comunque, ancora pericolosa soprattutto con un Destro, tanto sfortunato quanto impreciso. La sensazione era che il Napoli fosse in controllo ma che sarebbe bastata una rete per rimettere tutto in discussione. I titoli di coda, però, sono scorsi a dodici dal termine per l’espulsione di un ingenuo Strootman, autore di un applauso polemico all’indirizzo dell’arbitro Rocchi, reo di avergli appena mostrato il giallo. A quel punto, anche i residui patemi legati alla sempre incerta tenuta difensiva del Napoli hanno lasciato il posto al palleggio degli uomini di Benitez accompagnati dagli olè del pubblico.
Detto degli errori della Roma, sotto misura e in difesa, va anche detto che, probabilmente, buona parte della qualificazione l’undici giallorosso lo aveva compromesso con le amnesie costate due reti nel secondo tempo dell’andata. Perché aveva ragione Reina: “Questo Napoli può segnare in un istante”. E quando, per passare, è sufficiente un istante solo può anche accadere quanto visto al S.Paolo, pur al cospetto di una difesa fin qui ferrea. Ma non contro i folletti napoletani. Cinque reti incassate in soli due incontri in una settimana. Solo la Juve era stata in grado di perforarla tre volte in una sola partita.
Per una volta, quindi, la regola aurea che vuole una grande difesa prevalere su un grande attacco non è scattata. Evento, questo, più difficilmente riproducibile in una lunga corsa a tappe come è il campionato e questo spiega il divario in classifica tra le due contendenti.
Napoli e Fiorentina si contenderanno la coppa nazionale sabato 3 maggio in un Olimpico che, per la terza volta da quando è divenuta sede fissa della finale, non vedrà in campo almeno una delle due squadre capitoline.
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