L’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha esaminato il ricorso di tre coppie omosessuali contro la possibilità di sposarsi in Italia o di vedersi riconoscere una unione civile.
Il giudizio è stato emesso all’unanimità dalla quarta sezione, presieduta dal giudice di designazione italiana, Raimondi, nell’ambito del caso sollevato da Enrico Oliari e altri contro l’Italia. Oliari, 45 anni, presidente di Gaylib, l’associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra, ha fatto ricorso a Strasburgo contro l’impossibilità di vedersi riconoscere in Patria l’unione. La battaglia della coppia era iniziata dieci anni fa con la richiesta di pubblicazione delle nozze da parte dei rispettivi comuni, ed era poi approdata in Europa. La Corte ha riconosciuto all’unanimità che vi è stata una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che regola il rispetto per la vita privata e familiare. Le coppie omosessuali “hanno le stesse necessità di riconoscimento e di tutela della loro relazione. Per questo l’Italia e gli Stati firmatari della Cedu devono rispettare il loro diritto fondamentale ad ottenere forme di riconoscimento che sono sostanzialmente allineate con il matrimonio. L’Italia è l’unica democrazia occidentale a mancare a questo impegno”, si legge ancora nella nota.
La Corte ha ritenuto che “la tutela giuridica attualmente in vigore per le coppie dello stesso sesso in Italia, come è stato dimostrato dalla situazione dei ricorrenti, non solo non tutela le esigenze fondamentali di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è neppure sufficientemente affidabile”.
In particolare, la Corte di Strasburgo rileva che dove le unioni omosessuali sono riconosciute dalle autorità locali, “cosa che accade solamente in una piccola parte dei comuni italiani, questo riconoscimento ha un valore meramente simbolico e non conferisce nessun diritto alla coppia”.
La Corte dei diritti umani ricorda anche che la Corte costituzionale ha “più volte sottolineato la necessità di una legislazione che riconosca e protegga le relazioni omosessuali”. Tuttavia il legislatore italiano ha “omesso per lungo tempo di tener conto di tali dichiarazioni”.
Inoltre i richiami della Corte costituzionali “riflettono i sentimenti della maggioranza della popolazione italiana che, secondo recenti indagini, è a favore del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali“. Per la Corte di Strasburgo, infine, il riconoscimento e la protezione delle unioni omosessuali “non rappresenterebbero un onere particolare per lo Stato italiano” e, nel caso in cui non si optasse per riconoscere il matrimonio, “la possibilità di una unione civile o di un partenariato registrato sarebbe la via più appropriata“.
La decisione non è definitiva. Nei prossimi tre mesi i ricorrenti, così come lo Stato italian, possono chiedere il riesame da parte della Grande Sezione. La Corte ha riconosciuto che la non estensione del diritto al matrimonio alle coppie omosessuali rimane una scelta legittima degli Stati, condannando però il vuoto normativo sul riconoscimento delle unioni civili.
Con la condanna inflitta all’Italia dalla Cedu di Strasburgo si riaccende il contraddittorio politico sulle unioni con persone dello stesso sesso. Su Fb il senatore dem Sergio Lo Giudice, componente delle commissioni giustizia e diritti umani: “L’Italia si è accreditata in Europa come la culla della negazione dei diritti. La condanna della Corte Europea dei Diritti Umani per l’assenza di una legge sui diritti delle coppie dello stesso sesso rappresenta l’ultimo colpo alla credibilità del nostro paese come Stato di diritto”, scrive annoverando anche “le condizioni inumane delle nostre carceri”, l’ “iniquità della legge 40 sulla fecondazione assistita”. “Questa è l’ultima sveglia – aggiunge Lo Giudice – la data indicata da Matteo Renzi (la fine del 2015) per l’approvazione definitiva della legge, già nata vecchia, sulle unioni civili, rappresenta la scadenza non più rinviabile per rimanere culturalmente in Europa”, conclude Lo Giudice.
Anche per Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera “non ci sono più alibi: Renzi non perda altro tempo e faccia approvare anche nel nostro paese una legge che riconosca i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Solo così potremo tornare tra i paesi civili”.
Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle Riforme del governo Renzi, che ha digiunato per venti giorni (ha smesso 3 giorni fa) pur di “richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione di grave imbarazzo per l’Italia costituita dall’assenza di una legge sulle unioni omosessuali” la pronuncia di Strasburgo ribadisce che “nell’Europa dei diritti umani e dei diritti civili non c’è spazio per discriminazioni odiose come quelle inflitte alle persone omosessuali, alla loro affettività e alle loro unioni”. Rimane comunque “grave e mortificante”, sottolinea “che le barriere ed i muri dell’inciviltà vengano abbattuti a colpi di sentenze e di provvedimenti giurisdizionali anziché per libera determinazione del potere legislativo”. Ed invoca una legge entro la fine dell’anno come “la sola possibile risposta a questa censura che davvero non fa onore al nostro Paese”.
Anche per la senatrice del Pd Monica Cirinnà, relatrice del provvedimento sulle unioni civili al Senato, “è necessario e urgente giungere ad un testo che tenga conto dell’insieme dei diritti umani e sociali che vanno riconosciuti alle coppie gay”. “Nessuno vuole fare equiparazioni con l’istituto del matrimonio – precisa – ma occorre riconoscere anche in Italia diritti sacrosanti ormai riconosciuti in tutte le democrazie europee, assegnando alle coppie omosessuali e alle loro famiglie un riconoscimento che abbia il rango del diritto pubblico, inserendole nelle tutele degli articoli 2 e 3 della Costituzione”..
Quella della Corte di Strasburgo è invece una sentenza che che va contro il matrimonio, per Maurizio Sacconi (Area Popolare), presidente della Commissione lavoro del Senato. “Ad una prima lettura la sentenza della corte di Strasburgo ribadisce i principi e i criteri cui si è sempre attenuta nella sua giurisprudenza. Non accogliendo la tesi dei ricorrenti ove faceva riferimento all’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, essa ha ribadito che i paesi membri possono liberamente regolare l’istituto matrimoniale riservandolo, come nel caso dell’Italia, alle sole coppie eterosessuali”. “La Corte – sottolinea Sacconi – ha invece individuato una insufficienza di diritti e di tutele con riferimento all’articolo 8 della Convenzione dedicato alla vita privata delle persone. Sembrerebbe quindi esservi un modo di adempiere alla sentenza, che peraltro fa riferimento a tutte le convivenze, etero e omosessuali, senza creare i presupposti per l’estensione giurisprudenziale dell’istituto matrimoniale, delle adozioni e delle provvidenze pubbliche riservate alla famiglia naturale in funzione della continuità della specie umana”. “Si tratta ora quindi – conclude Sacconi -di leggere bene la sentenza alla luce della complessiva giurisprudenza della Corte in modo da definire gli ambiti di sovranità del Parlamento e del popolo italiano”, conclude il parlamentare centrista.
“Condanna #Strasburgo su coppie #gay una ragione in più per fare presto e fare sul serio #unionicivili. #LGBT”, scrive su Twitter Benedetto Della Vedova, senatore del gruppo Misto.
Il Gay Center aspetta un pronunciamento, che ancora non c’è stato da parte del presidente del consiglio: “Aspettiamo un tweet di Matteo Renzi sulla bocciatura dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani. Stavolta deve essere la volta buona”, scrive il suo portavoce Fabrizio Marrazzo che vista la bocciatura propone di ‘”riparare” a settembre, considerato il fatto che “Renzi ha detto di volere fare la legge entro l’anno”.
In ogni caso, è “un sonoro schiaffone all’Italia”, quello assestato oggi dalla Corte Europea per il Movimento 5 Stelle: “Dopo 30 anni di contrapposizioni ideologiche e sterili polemiche non è ancora riuscita ad offrire un riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali. Ora, dopo questa nuova sentenza, il governo e il Pd la smettano di fare melina e si diano da fare con serietà per colmare questo vuoto normativo che non è degno di un Paese civile”. “Finalmente – proseguono i senatori 5 Stelle – anche in Italia inizia a soffiare un vento nuovo, che sa di giustizia e di civiltà. Ci riferiamo anche alla sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che non è necessario l’intervento chirurgico per il cambio di sesso all’anagrafe. Il M5S da tempo lavora perché si arrivi a questa situazione di civiltà giuridica e rispetto dei diritti fondamentali della persona: al Senato abbiamo già presentato un ddl che va in questa direzione e che ora, dopo la sentenza della Cassazione, diventa centrale perché l’Italia si adegui e la smetta di rimanere indietro”.
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