Dopo la morte di Cherif Chekatt, il killer del mercatino di Natale di Strasburgo, che è stato trovato e ucciso in un blitz a 48 ore dall’attentato, e dopo la morte il giorno successivo del nostro reporter triestino, il 29enne Antonio Megalizzi, da ieri sono 5 le vittime della mattanza nella citta’ francese: e’ deceduto anche l’amico e collega di Megalizzi, il 35enne Barto Pedro Orent-Niedzielski, in coma dopo che il terrorista di origine nordafricana gli aveva sparato alla testa. La vittima era era in compagnia del reporter Megalizzi, morto per un colpo simile.
Li aveva legati una passione comune, raccontare alla radio l’Europa, e li ha legati per sempre il destino. Insieme in quella tragica sera al mercatino di Natale di Strasburgo, entrambi raggiunti dai colpi impazziti di Chekatt e insieme rimasti per giorni tra la vita e la morte.
Antonio e Barto Pedro Orent-Niedzielski, semplicemente Bartek per gli amici, erano andati con Clara Rita Stevanato e Caterina Moser, le due studentesse venete universitarie a Parigi, al mercatino dopo una giornata di lavori all’europarlamento. Si trovavano sotto al ponte del Corbeau quando il killer ha iniziato a sparare sulla folla. Le due giovani donne sono riuscite a scappare. Per Antonio a Bartek, di origini franco-polacche, non c’e’ stato scampo: entrambi colpiti alla testa in modo molto grave hanno lottato per giorni in ospedale. Antonio a Strasburgo aveva trovato alloggio proprio a casa di Barto. Nei giorni scorsi, ricordando Megalizzi, gli amici avevano parlato anche di lui: “Ricorderò tutto, anche le nostre chiacchierate con Bartek e i suoi folli tour culturali per Strasburgo che prendevamo in giro ma in fondo amavamo”, scriveva qualcuno in una lettera all’amico scomparso.
Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, era rimasto fino a domenica in coma profondo. Non si era mai più svegliato da martedì sera quanto Cherif Chekatt gli aveva puntato la pistola in fronte e aveva fatto fuoco. “Il suo cuore si è fermato dopo cinque giorni di coma profondo” ha raccontato una persona che ha parlato con la mamma di Bartek, Dorota Odent, a Le Monde. La donna e il fratello di Bartek avevano deciso di non staccare le macchine che lo mantenevano in vita in modo di permettere a tutti gli amici di andarlo a salutare all’ospedale di Hautepierre, lo stesso dove era ricoverato anche l’amico trentino a Strasburgo. E una fila lunghissima, ininterrotta, di amici si è formata per andare a dirgli addio, riferiscono diversi testimoni, prima della drammatica decisione di staccare la spina. Bartek era di Strasburgo, impegnato e attivo in molte cause tra cui quella Lgbt, per la cultura Yiddish e per le radio libere. Ma per tutti, lui che parlava molte lingue e voleva aprire un ostello linguistico nella città francese, era “cittadino del mondo”.
Ieri Bruxelles è stata teatro di scontri tra i partecipanti di due distinte manifestazioni, una pro ed una contro i migranti. La polizia ha fatto ricorso ai gas lacrimogeni e agli idranti davanti alla sede della commissione Europea. In piazza ci sarebbero state almeno 5.500 persone in protesta contro il Patto Onu sui migranti, mentre un migliaio, con un altro corteo, hanno manifestato contro la xenofobia e il razzismo cui si è unito anche un gruppo di gilet gialli.
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