Con la presentazione del Def, il documento di economia e finanza, il governo Renzi fissa le linee guida della politica economica dei prossimi tre anni. Obiettivo finale: riavviare la crescita.
Sarà un percorso delicato, al limite dell’equilibrismo: si va dagli 80 euro in più promessi in busta paga da Renzi – che costerà da qui alla fine dell’anno circa 6 miliardi di euro, che saliranno fino a 10 nel 2015 – all’aumento al 24% circa, dall’attuale 12, delle imposte sulle quote di Bankitalia in mano agli istituti di credito del Paese.
Si punta sul taglio dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, che dovrebbe scendere di 10 punti percentuali, la cui copertura del mancato gettito verrebbe invece garantita con l’aumento delle rendite finanziarie, che vengono incrementate dal 20 al 26%.
La scure si abbatte invece sul pubblico: tetto massimo di stipendi per i manager pubblici, che percepirebbero dopo la cura dimagrante di Renzi intorno ai 300mila euro l’anno – il Governo starebbe infatti valutando se chiudere la questione sulla cifra percepita dal Capo dello Stato o su quella del primo presidente della Corte di Cassazione – tagli alla spesa improduttiva della pubblica amministrazione, per garantire risparmi per almeno 800 milioni. E poi, ovviamente, l’eliminazione degli enti “inutili” e ritenuti sopprimibili, ridimensionamento dei costi di Camera e Senato, nel “pieno rispetto della loro autonomia” come ha chiarito Renzi, tagli degli stipendi dei diplomatici italiani, alla sanità nazionale – con l’introduzione dei costi standard – e alla difesa, anche se non si sa ancora se e come questi tagli toccheranno il dibattuto programma acquisti degli F35.
Il punto nodale, quello che porterà almeno 12 miliardi nelle casse dello Stato solo per quest’anno, arriva invece dalle privatizzazioni degli enti statali.
Un percorso annunciato, dibattuto, già avviato e “in fase avanzata” per Poste ed Enav, e che andrà a toccare da vicino molte altre realtà nazionali. Un processo “essenziale per contribuire al risanamento del bilancio dello Stato” che in previsione dovrebbe assicurare un gettito di pari rilievo per il 2015, con stime che si aggirano tra i 10 e i 12 miliardi di introiti anche per il prossimo anno, per un complessivo che si aggira, in 4 anni, tra i 40 e i 50 miliardi di euro.
Sarà proprio grazie alla “attuazione del programma di privatizzazione avviato dal precedente Esecutivo, attraverso un’opera di valorizzazione e dismissione di alcune società sotto controllo statale e di parte del patrimonio immobiliare” che si punta alla “riduzione del debito pubblico” al “recupero della spesa improduttiva” alla “riduzione dei contributi statali e recupero di efficienza delle imprese interessate”.
Per il Governo, dunque, l’economia sarebbe “entrata in una fase di ripresa”. Le proiezioni di palazzo Chigi vedono una “crescita del PIL dello 0,8 per cento per l’anno in corso, con un graduale avvicinamento al 2,0 per cento nei prossimi anni”, mentre l’indebitamento, per il 2014, dovrebbe “attestarsi al 2,6% del PIL per poi scendere all’1,8% nel 2015 e allo 0,9% nel 2016”.
Stando a questi numeri, il prossimo anno dovrebbe essere quello del raggiungimento sostanziale dell’equilibrio di bilancio strutturale, raggiungendo gli obiettivi che l’Europa ha imposto.
Anche il nodo coperture sembrerebbe essere stato sciolto: ieri il sottosegretario Graziano Delrio ha garantito che queste “verranno in gran parte dalla revisione della spesa. Allocheremo le risorse sui settori strategici, e taglieremo la spesa dove non e’ efficiente”.
Non è mancato il tweet del premier Renzi, che questa mattina alle 6.29 ha scritto sul suo social di riferimento “Il Def mantiene tutti gli impegni che ci eravamo presi, alla faccia dei gufi. Inizia a pagare chi non ha mai pagato. Si cambia verso”.
Eppure, i giudizi duri e le preoccupazioni non sono mancate. Soprattutto dalle categorie: per il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, il Def dà “un segnale pessimo nei confronti degli investitori” e di “fisco ondivago che va a colpire a caso a fronte di emergenze di cassa”. Un provvedimento secondo il dg di Abi con “qualche profilo di illegittimità rispetto alle aliquote applicate alle altre rivalutazioni volontarie in base alla norma delle legge di
stabilità dello scorso anno”.
L’Anaao Assomed, invece, esprime “profonda preoccupazione per gli interventi sulla pubblica amministrazione, e quindi alla sanita’ pubblica”. “Ciò che più sconcerta, però – si legge nella nota dei medici -, è la vaghezza del modello di sanità che il Governo intende adottare e del ruolo e responsabilità da attribuire ai professionisti”
Anche i rappresentanti del Sndmae, il sindacato dei diplomatici, già nei giorni scorsi, avevano fatto sentire la propria voce circa l’ipotesi dei tagli degli stipendi, rivendicandone la congruità.
Non è mancato, ovviamente, il commento dell’opposizione che parla, tramite la voce del forzista Daniele Capezzone presidente della commissione Finanze, di obiettivi del Governo “circoscritti e modesti”. “L’Italia – prosegue – come attestano le proposte di Forza Italia, ha bisogno di uno choc economico positivo, di un taglio radicale della spesa pubblica e delle tasse. L’intervento sulle banche rischia di produrre un solo effetto: quello di determinare un’ulteriore drammatica stretta creditizia a danno di famiglie e imprese. E anche il pur desiderabile intento di accelerare sulle privatizzazioni rischia, con i tempi e gli obiettivi fissati, di produrre più svendite che vendite”
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