Recep Tayyip Erdogan vuole andare fino in fondo. La crociata contro i sostenitori di Fethullah Gulen, ritenuto la mente del colpo di Stato tentato – e fallito – venerdì scorso, non accenna a fermarsi.
Dopo giudici, polizia, forze armate e pubblica amministrazione, oggi è stato il turno dell’accademia. Il ministero dell’Istruzione di Ankara ha annunciato di aver sospeso oltre 15 mila dipendenti e revocato la licenza d’insegnamento ad altri 21 mila che lavorano nelle scuole private, molte delle quali sono vicine alla rete di Gulen. Il consiglio per l’Istruzione superiore, l’organo che si occupa della supervisione delle università, ha chiesto le dimissioni dei 1.577 rettori che dirigono le 1.176 università pubbliche e le fondazioni universitarie.
Intanto la Diyanet, la direzione per gli Affari religiosi, ha annunciato di aver sospeso 492 dei suoi dipendenti, fra cui imam e insegnanti di religione. Poi ha aggiunto che non autorizzerà i funerali religiosi dei partecipanti al tentativo di colpo di Stato.
Secondo Numan Kurtulmus, vice e portavoce del premier Binali Yildirim, le persone arrestate finora con l’accusa di aver partecipato a vario titolo al tentato golpe sono 9.322.
Secondo Johannes Hahn, Commissario per le Politiche di vicinato e l’allargamento della UE, Erdogan aveva liste di proscrizione “già pronte”. La rapidità con cui il governo ha rimosso dagli incarichi migliaia di dipendenti pubblici “dimostra che erano già state preparate” prima di venerdì sera. E secondo la sua collega Federica Mogherini, Commissario UE per la Politica estera e di sicurezza, le epurazioni fra la magistratura preoccupano “moltissimo” l’esecutivo comunitario: “È quello che temevamo”.
Erdogan, nel frattempo, è tornato sulla questione della reintroduzione della pena di morte nell’ordinamento giudiziario turco. “La pena di morte c’è negli Stati Uniti”, ha detto, “in Russia, in Cina e in diversi Paesi del mondo. Solo in Europa non c’è”. In Turchia è rimasta in vigore fino al 2004, quando il governo – già allora guidato da Erdogan – l’ha abolita come condizione indispensabile per poter aderire alla UE. Ma “non ci sono statuti irrevocabili”: se il Parlamento votasse a favore, il “Sultano” non si farebbe scrupoli a riportarla in vigore.
A distanza, dai microfoni di Radio Anch’io, gli ha risposto il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni: “È chiaro che non sta né in cielo né in terra di continuare un qualsiasi percorso negoziale con un Paese che reintroducesse la pena di morte, visto che tra i principi dell’Unione europea c’è ovviamente l’abolizione della pena di morte”. Nel suo discorso, Erdogan ha criticato anche i giornali che dopo il tentato golpe hanno cercato di contattare Gulen, che ora vive in America. “Alcuni media internazionali hanno visitato la Pennsylvania”, ha notato il presidente. “Ora, io vorrei chiedere a questi media: se avessero intervistato Bin Laden quando le torri gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?”.
Domani ad Ankara si terrà una riunione straordinaria del consiglio di Sicurezza nazionale. E “dopo la riunione”, ha annunciato Erdogan alla folla di sostenitori accalcati davanti alla sua casa sulla sponda asiatica di Istanbul, “annunceremo una decisione importante”.
F.M.R.
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