Montezemolo e Marchionne in tempi migliori
Le durissime parole che Sergio Marchionne ha speso sul suo conto al Forum Ambrosetti di Cernobbio, seguite a strettissimo giro di posta (meno di mezz’ora tra la chiusura dell’intervento del massimo esponente della Fiat e il ritiro di Alonso) dalla penosa esibizione delle “rosse” e non in un Gp qualsiasi ma in quello di Monza, hanno, di fatto, decretato la fine dell’era di Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza della Ferrari, dopo 23 anni contrassegnati anche da ben 14 titoli mondiali (6 tra i piloti, 8 tra i costruttori) e che salgono a 17 se si aggiungono anche i titoli conquistati da responsabile del settore corse all’epoca di Niki Lauda.
Il mesto ritiro di Alonso al 29° giro del GP di Monza
Un’eredità pesante e un passato lastricato di gloria, dunque, per il super manager bolognese. Che ora, però, in tempi di “rottamazione” spinta sembrano non contare più. “Nessuno è indispensabile“, la chiosa con cui il n. 1 del Lingotto (ma con sede legale pronta a traslocare ad Amsterdam e sede fiscale a Londra) ha voluto chiudere un doscorso che, pur riconoscendo al presidente di Maranello indubbi meriti sul fronte economico, quello delle vendite, non ha fatto sconti su quello delle prestazioni sportive, davvero deludenti (addirittura disastrose, se si circoscrive l’analisi ai soli utimi due anni), visto e considerato che un titolo iridato non approda a queste latitudini dal lontano 2008 (e si trattava del meno prestigioso titolo costruttori perchè Massa venne beffato proprio all’ultima curva dell’ultimo Gp stagionale da Hamilton). Un bilancio considerato da Marchionne inaccettabile (“sono 6 anni che stiamo facendo una fatica incredibile pur avendo due campioni del mondo come Alonso e Raikkonen. Non riusciamo a vincere: la cosa mi dà un fastidio enorme e deve essere messa a posto. Avere una Ferrari vincente in Formula 1 è un punto non negoziabile: non possiamo avere una cosa diversa da quella. Vedere la Ferrari settima o dodicesima non interessa né a me né alla Ferrari“, le parole, pesanti come macigni, pronunciate dall’a.d. di Fca a Villa D’Este). E, beninteso, il malumore di Marchionne è perfettemante comprensibile e giustificato. Più insolito, invece, il tono e i modi utilizzati per esternarli, non proprio da “panni sporchi che vanno lavati in famiglia”. Il che, se vogliamo è in linea con il carattere del personaggio in questione: Sergio Marchionne è sempre stato e sempre sarà un uomo divisivo, ruvido, a volte anche qualcosa in più, poco incline alle “sviolinate”, ma molto pratico, perfetto “prodotto” di un’esperienza professionale ed umana maturata in un contesto improntato all’efficientismo a tutti i costi tipica di una sicetà nordamericana, quale quella canadese. Ben diverso, invece, l’humus in cui si è formato Montezemolo, cresciuto nei salotti buoni della Capitale dove ha saputo sviluppare le sue indubbie capacità, ma senza gli assilli e la “rabbia” del manager italocanadese.
Pessimi risultati sportivi (quelli recenti, almeno), certamente. Evidenti divergenze caratteriale, sicuro. Come ben sottolineato dall’aggettivo “ingeneroso” con cui Montezemolo ha poi commentato il discorso di Marchionne e che si aggiunge all’esclusione del presidente del Cavallino dal Cda della Fiat-Chrysler, mai seguita neppure da un ringraziamento. Ma c’è dell’altro: il 13 ottobre è previsto l’ingresso a Wall Street del gruppo Fca, frutto della fusione tra Fiat e Chrysler e ciò comporterà l’inevitabile conseguenza di una considerevole perdita di autonomia da parte dell’azienda Ferrari le cui azioni sono al 90% nelle mani della Fiat (il rimanente 10% lo detiene Piero Ferrari, ndr) per gli immancabili vincoli che discenderanno dall’operazione e questo proprio in un momento in cui la Ferrari avrebbe bisogno della maggior libertà decisionale possibile per far valere il proprio peso in sede di rinegoziazione delle regole di una F1 sempre più in crisi.
“Queste critiche sono ingenerose – avrebbe detto Montezemolo a fonti a lui vicine – . Con me e Schumacher la Ferrari era tornata a vincere un titolo dopo 21 anni nel 2000: la Mercedes ha conquistato l’ultimo nel 1955. E’ finita un’epoca: la verità è che vogliono far diventare la Ferrari americana e potrebbe avere lo stesso futuro della Lamborghini”. Uno sfogo che, a ben guardare, è molto di più.
Secondo “rumors” delle ultime ore, proprio il 13 ottobre potrebbe coincidere con l’ultimo giorno di Montezemolo da presidente della Ferrari. E non mancano voci sulla sua buonuscita che i soliti beninformati quantificherebbero in circa 300 milioni. A succedergli, forse solo nell’immediato, sarebbe proprio Marchionne. Una soluzione di transizione perchè se è vero che si parla di un grandissimo ed infaticabile lavoratore le cui pause sono, praticamente, i tempi di viaggio in aereo tra una destinazione e l’altra, è altrettanto ineccepibile l’affermazione di Flavio Briatore per cui “uno che già lavora 22 ore al giorno come a trovarne altre da dedicare al Cavallino?” Anche l’efficientismo nordamericano deve pur conoscere un limite…
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