Novak Djokovic e Roger Federer: oggi una vittoria del tennis
Purtroppo poteva vincere uno solo. Si suole dire così quando si assiste ad un confronto che si protrae per ore sul filo dell’equilibrio ma mai come stavolta è un’espressione che calza a pennello ad un match, la finale di Wimbledon 2014, che va ad inserirsi di diritto nella galleria dei “golden moments” del torneo più prestigioso del tennis mondiale. Ha vinto Novak Djokovic ed è la seconda volta che il suo nome viene inciso sul trofeo dei “Championships”. Ma Roger Federer ha giocato, a sua volta, una grandissima partita e ha avuto il merito di regalare a tutti gli appassionati un altro set e mezzo (da metà quarto sino a tutto il quinto) di tennis sublime e di thrilling emotivo che hanno trasformato una finale, già bella, in un evento da ricordare. Per qualità e quantità di emozioni inferiore, nella storia recente, solo a quella del 2008 tra lo stesso Federer e Nadal (quella del 2009 con Roddick fu solo tirata ma tecnicamente modesta). Una vittoria per il tennis tutto.
Una finale segnata in partenza da un dato, quello anagrafico: 33 anni l’8 agosto. Questo si ricava dalla carta d’identità dello svizzero. E sono tanti. Difatti, in tutta l’era Open (cioè dal 1968), solo sei volte uno slam è stato vinto da un over 32. Due delle quali, peraltro, da Ken Rosewall in Australia in un’epoca in cui all’Open down under statunitensi ed europei si presentavano con il contagocce. Ovvio che Federer, prima ancora di giocare il primo 15 sa già una cosa: per vincere, non dovrà essere una maratona. Anche perchè di fronte ha non solo un avversario di 5 anni più giovane, ma anche l’unico in grado di competere quanto a resistenza alla distanza con un certo Rafa Nadal. E’ un dato che avrà un peso determinante.
Nole bacia il trofeo dei Championships
Il primo set è un monologo di chi serve. Non ci sono break, nè palle break. Anche se gli aces, soprattutto da parte di Federer, sono pochini (solo 3 contro i 4 di Nole). Il naturale epilogo è il tie break anche se è il serbo quello tra i due che vi approda meglio, avendo sofferto zero nei propri turni di battuta, mentre lo svizzero qualche patema l’ha avuto. L’impressione è che Djokovic sia centratissimo e molto salito di livello rispetto all’incerta semifinale con Dimitrov e, più in generale, rispetto a tutto un torneo che non lo aveva visto giocare al meglio. Ma il tie break è quasi un altro sport. Si gioca una serie di punti tutti decisivi e ognuno con un peso specifico enorme. Conta prendere rischi e saperlo fare. In questo Federer rimane tutt’oggi maestro assoluto. E si vede. Il 7 volte campione a Wimbledon parte subito lancia in resta e va avanti di un mini break, poi Nole lo riprende e mette la freccia arrivando due volte al set point, ma Roger chiede e ottiene dal suo tennis tanto complicato e rischioso quanto affascinante un dritto che spazzola la riga e un ace. Sul set point per Federer, Djokovic commette uno dei suoi rarissimi errori da fondo e affossa un rovescio (il suo colpo migliore) in rete. E’ il 9-7 per Roger. Poco meno di un’ora di gioco, che per un set su erba non è poco, ma il piano dell’elvetico di incamerare subito il primo parziale al momento funziona.
All’inizio del secondo, però, la percentuale di prime palle dell’elvetico cala e sulla seconda Nole può entrare in campo e dettare i ritmi dello scambio. Troppo sostenuti per le possibilità di Roger. Che, comunque, riesce a salvare una palla break nel gioco d’apertura complice un erroraccio di dritto di Djokovic che, curiosamente, sbaglia poco o nulla ma quel poco lo fa sempre su palle apparentemente semplici: quelle senza peso dove è lui che deve spingere più che appoggiarsi alla velocità altrui. E i colpi piatti di Federer, evidentemente, sono l’ideale per mettere in palla il serbo. Ci si potrebbe aspettare, a questo punto, che sotto di un set perso di un nonnulla e fallita anche l’occasione di break in avvio, delle nubi nefaste si addensino nella mente di Nole, ma è in questi frangenti che il vincitore dei Championships 2011 dimostra di essere un campione straordinario anche e soprattutto di tenuta nervosa e mentale, oltrechè atletica. E un campione non molla la presa. Per cui, all’insegna del bussate e vi sarà aperto, al terzo game, ecco la nuova occasione di strappare il servizio a Federer. Stavolta, complice anche un doppio fallo, il break riesce. E Nole lo capitalizzerà sino al 5-4 quando, servendo per il set, deve fronteggiare l”unica palla break del parziale. Annullata, il serbo veleggia sicuro in porto: 6-4 e si ricomincia. Ora c’è la garanzia che la partita durerà almeno quattro set. Quindi, match in ogni caso lungo. Non una buona notizia per i piani di Federer.
Nel terzo set che, a questo punto dovrebbe diventare la chiave di volta del match, Federer sale vertiginosamente di rendimento alla battuta. Ben 13 dei suoi 29 aces complessivi sono concentrati in questo parziale. E c’è persino la chicca del perfect game, il nono, in cui Djoker assiste impotente. Ciononostante, la sensazione è che il gioco dell’elvetico dipenda esclusivamente dalla prima di servizio. Se entra è punto, altrimenti buio pesto. E Nole, a sua volta, serve alla grande e, palla in gioco con lo scambio che supera i 5 tiri, non c’è partita. Troppo più solido Djokovic da dietro e quando Roger tenta l’attacco, la mannaia del passante arriva implacabile. Soprattutto quando Nole viene stuzzicato sulla corsa, in allungo, “buca” Roger come un vero Emmental. La fotografia di questa situazione si ha nell’undicesimo game quando Nole, a suon di martellate, arriva a due palle break che Roger cancella con due servizi vincenti. E per chiudere il game? Due ace, of course. Si va al tie break, Rubicone del match (per usare la metafora tanto cara a Sabella, il Ct dell’Argentina). Parte meglio Nole che guadagna un mini break, poi la reazione rabbiosa di Federer produce un dritto che occhio di falco certifica “in” e l’equilibrio si ristabilisce. Sul 4-3 per Djokovic, però, l’episodio che decide tie break, set e forse la finale tutta: Federer perde la misura del colpo e spara fuori un comodo dritto a campo aperto. Djokovic riguadagna il mini break e non si volterà più indietro. 7-4 il tie break. Ora, per vincere, a Federer servirebbe stare in campo per 5 set (e, nell’ultimo, il senza il rifugio del tie break). Se non è maratona, poco ci manca.
Un Roger Federer in piena trance agonistica: ha apppena forzato il match al 5° set
Il quarto set inizia con un Djokovic che sente l’odore del sangue e cerca di chiudere velocemente la vicenda. Infatti, puntuale come un orologio svizzero (Roger perdoni l’ironia involontaria), arriva il break per Djoker al quarto gioco. Federer sembra cotto e da fondo non tiene più. Ma se c’è una persona in tutto il Centre Court che ancora ci crede quello è proprio lui. Prima resurrezione: l’immediato contro break. Djokovic, furente, reagisce con un altro break. Svizzero di nuovo sull’orlo del precipizio e sotto 2-5. La regia inquadra la coppa pronta ad essere consegnata al vincitore. Ma qui si assiste, più che a una seconda resurrezione, ad un autentico miracolo di volontà, di sforzo sovrumano, mentale più ancora che fisico: Roger inizia a giocare senza rete. Non trattiene più nulla e colpisce a tutto braccio qualunque cosa. 3-5, poi 4-5. Qui Djokovic si porta, comunque, sul 30-40: è match point. Reazione del redivivo Federer: ace. Sul 5-5 e con tutti i 14mila del centrale in delirio che acclamano il loro beniamino (lo era per molti anche contro lo scozzese Murray nella finale del 2012…), il serbo sembra in completo stato confusionale. Roger non si ferma più, fa un altro break e chiude poi al servizio per 7-5.
William e Kate mostrano di gadire lo spettacolo
E ora? Federer ha sempre quasi 33 primavere sulle spalle, ma come sta Djokovic? Scombussolato dalla reazione di un avversario che nessuno si aspettava avesse un’altra vita di riserva, dal frastuono sugli spalti con il compassato pubblico inglese che sembra il Maracanà, frustrato dalle occasioni perse e forse con in testa tanti pensieri negativi come le ultime tre finali Slam disputate perse (contro Murray qui, 12 mesi fa, contro Nadal lo scorso settembre a New York e quest’anno a Parigi), addirittura 5 delle ultime 6 giocate. Basta a spiegare un così repentino tracollo? In fondo, si nota che Nole, uno che fa della velocità di gambe e della reattività uno dei suoi punti di forza, non si muove più nè tanto nè tanto bene. E, ad inizio quinto set, ecco il medical time out per un lungo massaggio al polpaccio della gamba destra: crampi.
Un quinto set che doveva essere, quindi, quella sorta di assicurazione sulla “vita tennistica” di Djokovic si stava trasformando in un impensabile via crucis. Dall’altra parte un Federer che prosegue a servire e a giocare a tutta. L’atmosfera si carica di elettricità e si fa fatica ora a rinvenire un autentico favorito. Anzi, al netto di tutto quanto detto, le energie dello svizzero sembrano moltiplicarsi e quelle del serbo affievolirsi. Il dilemma è: arriverà prima il crollo per crampi di Djokovic o il comunque inevitabile calo (siamo già oltre le tre ore di gioco e alla fine saranno tre ore e 56 minuti) di Federer?
La prima metà dell’ultimo set farebbe propendere per la prima ipotesi ma qui Djokovic dimostra di meritare fama, posizione in classifica e anche il titolo di Wimbledon: si aggrappa al servizio e ne trae tutto l’ottenibile e anche di più. Roger continua a giocare come su una nuvola (“in the zone”, direbbero negli Usa) ma non riesce a staccare il rivale nel punteggio. Nel gioco sì, la superiorità si vede. E sul 3-3 arriva anche la sospirata palla break per Federer ma è ancora eccezionale il serbo a cancellarla con un gran dritto. Ora è lo svizzero ad avvertire il contraccolpo e nel game successivo deve fronteggiare tre palle break che, servendo per primo il serbo, hanno le sembianze di tre mini match point. Ma Federer le annulla da campione con la perla di una demivolèe da antologia. Il match è, francamente, bellissimo quanto affascinante per l’assenza di qualsiasi filo logico. Adesso è Djokovic ad accusare le occasioni perse e Roger si trova sulla racchetta il più comodo degli smash con il naso sulla rete e il campo aperto. Potrebbe andare 15-30 sul servizio di Nole. Ma, non si capisce bene come, affossa in rete la palla. Sarebbe stato 15-30, è diventato 30-15. Con il senno del poi, è il punto che cambia, definitivamente, la direzione del match. La spia che il serbatoio delle energie dell’ex n. 1 del mondo è vuoto. Mentre le cure prestate a Djokovic stanno sortendo l’effetto sperato e il serbo ora è tornato a muoversi bene. Sul 5-4 Roger torna a subire il palleggio anzichè comandarlo, è indietro con il corpo nel portare i colpi. Sbaglia. E con un rovescio in rete consegna a Djokovic secondo titolo di Wimbledon e primato nel ranking Atp. E anche un pò d’erbetta non più tanto fresca da mandar giù: la Schiavone a Parigi ha fatto scuola…
Nole mangia un ciuffo d’erba per festeggiare la vittoria
Nole e Roger: oggi una finale epica
Dopo la partita, un Novak Djokovic visibilmente stanco quanto felice e sollevato, ha reso omaggio allo sconfitto: “Voglio congratularmi con Roger Federer per la grande lotta di oggi. È stato bellissimo essere parte di questa battaglia: lui è un grande campione e grande esempio. Il match-ball fallito nel quarto set? Roger è grande e ha vinto 17 titoli dello Slam proprio perché nei momenti importanti è bravissimo. È stato difficile nel quinto set ripartire, ma ci sono riuscito. Questo è il torneo che ogni tennista desidera vincere più di ogni altro. E lo voglio dedicare alla mia futura moglie (Jelena Ristic, ndr, con cui convolerà a nozze in una data segreta ma che i media serbi collocano tra il 9 e il 12 luglio) e al nostro bambino in arrivo. Diventerò papà presto e mi sto preparando. A loro, ai miei genitori, ai miei fratelli e al mio team dedico il successo di oggi. In più rivolgo un pensiero particolare alla mia prima maestra di tennis, morta lo scorso anno, che mi ha insegnato tutto di questo sport”.
Dal canto suo, Roger Federer, ha così commentato: “E’ stata una grande finale, una partita incredibile: non posso crederci ancora di essere arrivato al quinto set, anche se non è stato abbastanza per battere Novak. Contro Djokovic è sempre molto dura: lui è un grande avversario e ti obbliga a punti atleticamente pesanti. Gli faccio i miei complimenti per questa vittoria e per il suo splendido torneo. È bello vedere le mie figlie qui sulle tribune: saluto loro e tutti i miei tifosi“. E, onestamente, lo svizzero ha fatto molta tenerezza quando, dopo i saluti, prima di lasciare il microfono al vincitore, ha dovuto pronunciare con scarsa convinzione la frase di rito: “Tornerò qui e ci riproverò l’anno prossimo“. Della presenza dello svizzero nessuno dubita, ma per vincere l’ultimo treno è passato oggi.
Infine, nella sfida parallela tra i due coach, Boris Becker si è preso la soddisfazione, pur “postuma”, di restituire a Stefan Edberg lo sgarbo della finale del ’90, quella in cui lo svedese, ora all’angolo di Federer, vinse la “bella” tra i due.
Finale maschile di Wimbledon 2014: N. Djokovic b. R. Federer 6-7 (7), 6-4, 7-6 (4), 5-7, 6-4
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