Il ‘bail in’, il meccanismo in base al quale saranno correntisti e investitori a pagare per primi, in caso di fallimento di una banca mentre solo in un secondo momento potrebbe arrivare lo Stato, è arrivato in Italia. E non sembra preannunciare niente di buono per i risparmiatori. La legge è stata approvata da Bruxelles due anni fa, ma il presidente della Banca d’Italia, Ignazio Visco ne ha parlato per la prima volta in pubblico, non più di venti giorni fa. Il nuovo meccanismo, che manda in pensione il ‘bail out’ in base al quale doveva essere lo Stato a intervenire in caso di difficoltà degli istituti di credito, provoca ovviamente non pochi timori tra i privati perché in caso di adozione del meccanismo da parte dell’autorità bancaria, verrebbe a decadere qualsiasi garanzia sui conti correnti dei risparmiatori .
Ma rivediamo nel dettaglio quanto accaduto recentemente in materia di depositi e crisi bancaria. La necessità da parte di molte banche di raddrizzare i conti sulla base dei parametri raccomandati da Francoforte ha spinto gli istituti di credito a bloccare, a partire dal 2011, gli investimenti puntando tutto sulla raccolta del risparmio. Questa scelta ha avuto come conseguenza però un eccesso di liquidità (grazie anche alle iniezioni di denaro della Bce a costo praticamente zero) per le banche stesse che ora, in fase di ripresa dell’economia, foraggiata dal Qe di Draghi, dovranno fare la loro parte, portando come dote capitali di rischio che potrebbero condurre al default soprattutto le banche meno strutturate. Ed ecco in questa ipotesi, peraltro remota e soltanto virtuale per il momento, riproporsi il meccanismo del ‘bail in’, in presenza di perdite elevate per gli istituti.
Quando il presidente della Bce Mario Draghi annunciò l’emissione di Quantitative Easing per rilanciare le economie dei paesi aderenti all’Ue, molti hanno tirato un sospiro di sollievo pensando seriamente che questa scelta avrebbe modificato, in positivo, la propensione all’erogazione di crediti da parte del sistema finanziario, come per altro confermato dalla Federazione Bancaria Europea, supportata, per quanto riguarda l’Italia, da dati della stessa ABI. In realtà, dopo le prime forti iniezioni di liquidità sul mercato, la risposta delle banche è stata parziale. Gli istituti di credito in effetti, hanno allentato i cordoni della borsa solo sul fronte dei mutui ipotecari (ma con copertura fino al 60% del valore dell’immobile), trascurando gli investimenti alle imprese e ai consumi.
Come leggere questa prima reazione del sistema ai Qe? Gli analisti ritengono che le banche nutrano scarsa fiducia verso una ripresa generalizzata e duratura e anzi temono un peggioramento della situazione economica. A conferma di questo trend, ci sarebbe l’andamento tendenzialmente negativo dei tassi obbligazionari ed un indebolimento della domanda di “beni rifugio”, con conseguente ristagno delle pur consistenti scorte monetarie giacenti presso gli istituti di credito. Ed è questo, forse, Il vero problema, sul quale è già intervenuto il governatore della Banca d’Italia Visco, il quale ha ricordato che il sistema, coordinato da Bankitalia, potrebbe far scattare, nelle banche con troppe perdite, il meccanismo del “bail in” previsto per legge e da due anni già operativo in ambito Ue.
Dietro il paravento delle sofferenze bancarie, aspetto del problema sul quale è intervenuto recentemente lo stesso premier Matteo Renzi, si cerca di far passare un principio ed una logica estremamente pericolosa, sia per le casse dello Stato, sia per gli stessi risparmiatori correntisti, i quali potrebbero essere un giorno chiamati a farsi carico di eventuali default delle banche con le quali lavorano.
Forse è giunto il momento di ripartire da una diversa “contabilità bancaria”, ripensandola nella sua globalità. Perché considerare le sofferenze e gli incagli come perdite e non solo come mancati arricchimenti? Perché non si può intervenire sulla sostanza dell’impianto finanziario e delle strategie di mercato adottate dalla banche (controllandone saggiamente movimenti e scelte, possibilmente non speculative) e ripiegare sempre e soltanto sulla richiesta di denaro nei confronti dello Stato o dei privati? Come leggere questo atteggiamento delle banche, oggi? L’avvertimento che viene dal sistema è chiaro: “Signori che avete depositi e conti oltre i 100.000 euro (o anche di meno, attenzione!) tremate! Togliete i vostri soldi dal conto corrente! Per farne cosa? Comprare immobili? Investire in beni rifugio? obbligazioni? No di certo, in questa situazione (a parte l’unica possibilità non nefasta che sarebbe quella di consumare di più), di fronte a prospettive ancora recessive per molto tempo, non resta che comperare titoli azionari. Quali? Ma quelli delle banche stesse, logicamente, che, così, andranno su in un primo momento, per poi, di fronte alla scoperta di una insostenibile situazione di bilancio ed in assenza di una contabilità diversa, quei titoli crolleranno, subito dopo che gli speculatori avranno guadagnato il massimo dai rialzi. Un segnale a riguardo è venuto da Vegas, che in un certo senso ha già preconizzato questo scenario: “L’enorme liquidità affluita sui mercati borsistici ha contribuito a innalzare in maniera repentina il valore dei corsi azionari”, ha spiegato il presidente di Consob, il quale parla apertamente di “bolla speculativa”. Come dire: attenzione risparmiatori(soprattutto quelli con liquidità sopra i 50- 100mila euro) vi abbiamo avvertito. Attenti a come vi muovete, perché poi arriverà inevitabile il solito disastro. E, allora, toccherà alle banche venir commissariate, accorpate, espropriate. Salvo interventi drastici, come il ricorso al “bail in”.
Degli argomenti sopra citati si discute oggi alle ore 18, a Palazzo Montecitorio, a Roma, presso la Sala della Regina. Sulle possibili conseguenze dei limiti e delle distorsioni finanziarie del sistema Italia, intervengono: Elio Lannutti (Adusdef), Rosario Trefiletti (Federconsumatori), Nino Galloni (economista) e M5S.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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