I leader europei e africani sostengono all’unanimità la dichiarazione politica e il piano d’azione sulla crisi dei migranti. Lo ha annunciato con un tweet il presidente del Consiglio europeo, l’ex premier polacco Donald Tusk, durante la seconda giornata del vertice euroafricano dei capi di Stato e di governo che vede i più alti rappresentanti di 60 paesi riuniti a Malta.
La UE investirà 1,8 miliardi di euro in un trust fund per l’Africa, che dovrà finanziare sia i progetti di cooperazione e sviluppo, sia la lotta al traffico di esseri umani. I leader di 27 Stati hanno deciso di aggiungere al fondo un contributo da 78,2 milioni: a versarli saranno 25 dei 28 membri UE più Norvegia e Svizzera, Stati che fanno parte dell’EFTA – la zona di libero scambio europea – pur non avendo mai fatto parte dell’Unione.
Il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, però, ha già fatto sapere che secondo lui il contributo dei governi dei 28 “non basta”. Soddisfatto si è dichiarato invece il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che vede il bicchiere “molto più che mezzo pieno”, anche per il fatto che “l’Italia non è più sola” e che l’Africa è diventata “una priorità”.
A La Valletta proseguono i lavori del vertice a 28 sulla questione del controllo delle frontiere comunitarie. Sull’argomento si è espresso stamattina il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che ha paragonato l’effetto dei flussi migratori sulla Germania a una slavina come quelle che si formano “quando uno sciatore disattento va sul pendio e smuove un po’ di neve”.
Com’è noto, nei giorni scorsi il governo tedesco ha ammesso di aver ripreso ad applicare il Regolamento di Dublino, che assegna la responsabilità di accogliere i migranti allo Stato dove si registra il loro primo ingresso sul territorio UE. Dalla scorsa estate, in deroga al trattato, la Germania ha ricevuto, e spesso accettato, le domande d’asilo presentate da cittadini siriani in fuga dalla guerra civile, arrivati sul suolo tedesco dopo aver attraversato altri Stati UE sulla rotta balcanica.
Uno di quegli Stati è l’Ungheria, e ora Budapest è preoccupata che i profughi tornino indietro. Il ministro degli Esteri Péter Szijjarto si è detto pronto a rimandarli in Germania. Inutile, sostiene il ministro, ripristinare le regole di Dublino: quelle regole “sono morte”.
Critiche alla gestione del vertice arrivano anche dalle organizzazioni della società civile, che hanno denunciato la troppa attenzione riservata agli aspetti della sicurezza e del controllo delle frontiere rispetto a quella dedicata ai diritti dei migranti. “Le persone sono più importanti dei confini”, commenta Sara Tesorieri, policy advisor di Oxfam per le migrazioni in Europa.
Ai negoziatori si contesta anche la pratica di offrire aiuti ai Paesi più poveri in cambio di accordi di riammissione dei migranti. Le ONG non hanno apprezzato di essere state sostanzialmente ignorate nei lavori del vertice, e hanno espresso “inquietudine”, come si legge in una dichiarazione comune, “sul fatto che le conclusioni del summit di Malta non siano rese pubbliche, in particolare le negoaziazioni bilaterali tenute parallelamente all’agenda”.
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