È morto ieri sera a Roma Vittorio Sermonti, 87 anni. Scrittore ad un passo dal premio Strega, registra, traduttore, giornalista sagace, insigne docente. Perfino speaker alla radio, come si direbbe oggi, per conto di Dante Alighieri.
Sesto di sette figli, figlio di un avvocato di origini pisane e nipote di un nonno, anche lui avvocato che “pronunciò per primo la parola ‘mafia’ nel processo a Notarbartolo a Palermo”.
L’ultimo tweet, qualche giorno fa, il 21 novembre: “Cari amici, mi prendo qualche giorno di riposo. I vostri commenti mi faranno compagnia”.
Prima di Benigni fu lui a far conoscere Dante agli italiani, a “consentire a un qualunque italiano dotato di cultura media, intelligenza e un po’ di passione di percorrere il più gran libro scritto in italiano senza interrompere continuamente l’avventura per approvvigionarsi di notizie, delucidazioni e varianti nei battiscopa di note, che spesso rasentano il soffitto della pagina”.
Lo fece con mezzi diversi da quelli della televisione, attraverso i suoi tre volumi “L’inferno di Dante” il Purgatorio e il Paradiso, pubblicati dal 1988 al 1993 e poi riproposti in una nuova edizione nel 2015. Ma il suo messaggio arrivò nelle case degli italiani anche dai microfoni della radio, quando nel 1987 Sermonti registrò per la Rai i 100 canti del Poeta. Accanto alla passione per Dante, anche quella per i classici, in particolare Virgilio. Tra il 2006 e il 2007 infatti, lo scrittore si cimentò in letture pubbliche dell’Eneide e qualche anno dopo registrò la versione definitiva di tutti i dodici libri.
Sempre per la Radio , andò indietro nel tempo e scrisse interviste memorabili in cui interrogò Giulio Cesare, Marco Aurelio, Otto von Bismarck e Vittorio Emanuele II (Interviste Impossibili, Rai, 1973-1975 n.d.r).
Al programma radiofonico collaborò anche Maria Bellonci, autrice del romanzo storico e capolavoro letterario indiscusso “Rinascimento privato”. La Bellonci fu anche colei che istituì, insieme al marito Goffredo l’ambitissimo Premio Strega che Sermonti sfiorò con il suo ultimo romanzo, “Se avessero”. Un libro in cui “l’io narrante/narrato di ‘Se avessero’, da poco uscito per Garzanti, all’epoca ha sedici anni ancora da compiere; e attorno a quel punto riannoda i fili, sparsi, dell’intera esistenza” come scriveva Roberto Persico sul Foglio.
In un’intervista a Repubblica nel 2013 Vittorio Sermonti aveva parlato di tutto, della sua infanzia, del suo rapporto non proprio idilliaco con gli altri scrittori (“noiosi da morire”), ma anche dell’amata moglie Ludovica, sposata in seconde nozze e fedele compagna di una vita intera [la prima moglie fu Samaritana Rattazzi, figlia di Susanna Agnelli n.d. r].
“Mi capita a volte di riflettere su quel detto di Heidegger: Denken ist danken, pensare è ringraziare. È così. Tra di noi ci ringraziamo – diceva Sermonti – Qualche volta litighiamo, ma io so che, grazie a lei, andrò verso la morte senza spavento. Mi scoccia un po’ il morire, – aveva aggiunto – ma non provo angoscia”.
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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