Di fronte alla minaccia di un governo di coalizione tra le diverse anime islamiche non hanno potuto resistere: i jihadisti dell’Isis e l’ala siriana dei qaedisti hanno deciso di fare fronte comune contro il governo in carica, dopo mesi di dichiarata rivalità. L’alleanza, solo strategica e temporanea, è stata sancita ad Abukamal, ai confini tra Siria ed Iraq, stando a quanto riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria Ondus. I siriani, che riconoscono come leader Ayman Zawahiri, il terrorista egiziano successore di Osama Bin Laden alla guida di Al Qaida, sembrano voler dimenticare per ora le accuse mosse agli alleati iracheni, complici -a loro dire- del regime di Assad in Siria. Cercando, perciò, di arginare le falle della difesa sul fronte siriano, avrebbero accettato di sostenere i ribelli del nascente Stato islamico dell’Iraq e del Levante, ma solo sui confini orientali della Siria, mentre continuerebbero a combattere i qaedisti iracheni in altre parti del Paese.
Mentre prosegue il tour diplomatico del Segretario di Stato americano John Kerry in medioriente, sono state smentite le notizie sull’attacco di droni statunitensi tra Iraq e Siria: il portavoce del Pentagono ha comunicato che gli attacchi al confine tra i due Paesi sono stati condotti da aerei del regime di Assad. Kerry, che ha espresso a nome dell’America “forte sostegno” all’Iraq contro i miliziani sunniti, ha riproposto la soluzione di un “governo inclusivo delle varie etnie locali“. Contrario a questa ipotesi il premier in carica Nouri Maliki, che esclude un esecutivo composta da sunniti, sciiti e kurdi.
L’incontro di Kerry con i soldati peshmerga, forza di sicurezza presente in Kurdistan, ha voluto spronare proprio i kurdi a non abbandonare la “causa irachena“. I kurdi, infatti, poche settimane, avevano preso la capitale Kirkuk, abbandonata dall’esercito iracheno, e sembrerebbero avviati verso un processo che porterà all’autonomia prima e all’indipendenza poi da Baghdad. “Siamo di fronte a una nuova realtà e a un nuovo Iraq“, ha commentato il presidente della regione del Kurdistan, Massoud Barzani, e “i kurdi stanno cercando una soluzione per la crisi”. Nel corso dell’incontro con Kerry, Barzani ha ribadito l’importanza dei pashmerga “davvero fondamentali per aiutare a contenere l’avanzata dei militanti dello Stato Islamico dell’Iraq“. Un’avanzata che si spera di bloccare anche grazie agli ottantotto caccia russi Sukhoi, consegnati dall’Iran all’Iraq, secondo quanto riferito da fonti della sicurezza nazionale. Gli aerei da guerra sono stati portati nella base militare di Nassiriya, per essere “equipaggiati con armi sofisticate e utilizzati nei combattimenti contro i terroristi”. Ribadito così l’appoggio dell’Iran contro le forze sunnite: il presidente iraniano Hassan Rohani ha garantito massimo impegno del suo Paese per “combattere i massacri e i crimini dei terroristi“.
Anche l’ONU ha chiesto di intervenire e di fare presto: più di mille persone sono morte in Iraq solo nelle ultime tre settimane, aggiungendosi alle novecento vittime di maggio. Un migliaio i feriti; difficile, invece, contare il numero delle persone sequestrate dai guerriglieri.
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