Con 226 no, 55 si e 13 astenuti il Senato ha respinto la mozione di sfiducia presentata da M5S e Sel nei giorni scorsi in relazione all’allontanamento della famiglia del dissidente kazako Ablyazov, allontanamento avvenuto all’insaputa del ministro dell’Interno e di quello degli Esteri.
La difesa ad oltranza del Presidente del Consiglio Letta (“Angelino non sapeva”), l’autodifesa dello stesso segretario del Pdl ed il pesante avvertimento del Capo dello Stato (“la caduta del Governo delle larghe intese provocherebbe dannni irreparabili…”) hanno avuto la meglio su tutto e tutti. Tra bugie, dimenticanze, inefficienze degli apparati e linee di comando ministeriali colabrodo, alla fine, è passato un grossolano salvataggio che non mette comunque al riparo il governo e la maggioranza da ripercussioni e contrasti che puntualmente si riproporranno subito dopo le ferie.
La necessità di salvare il governo, da una parte mette a tacere i critici di Alfano, compresa una discreta minoranza del Pdl, dall’altra rimanda la resa dei conti in casa Pd dove Renzi ha optato nelle ultime ore solo per una tregua armata che a settembre, con ogni probabilità, verrà sospesa per passare alla resa dei conti che vedrà il sindaco di Firenze all’offensiva sul fronte interno pidiessino.
La votazione al Senato, anche se non salva la faccia al nostro Paese, accusato in queste ore persino dall’Onu, in compenso aiuta l’esecutivo a tirare avanti nella prospettiva di un possibile rimpasto da fare probabilmente già all’inizio dell’autunno, quando i tre partiti della maggioranza, Pdl Pd e Società Civile di Monti, dovranno dire se e come andare avanti sulla strada delle larghe intese. O se, piuttosto, quella maggioranza come dimostrano i malumori ed i forti contrasti registrati in occasione della richiesta di dimissioni di Alfano, non abbia già fatto il suo tempo.
Per il momento, comunque, ad uscire ancora una volta vincente è la strategia del Quirinale che con Napolitano ha fatto sapere come l’attuale formula di governo dovrà durare fino a quando il Parlamento non avrà varato una nuova legge elettorale che garantisca di più e meglio gli equilibri e le regole della politica.