Credi nel colpo di fulmine? Pensi che ci si possa innamorare di una persona già al primo incontro? Insomma, sei convinto che esista davvero l‘amore a prima vista? Sbagliato: un recente esperimento Usa dimostra che più ci si osserva più ci si piace, ma vale anche il contrario se non c’è attrazione. Con buona pace degli integralisti dell’amore a prima vista, secondo un gruppo di scienziati americani dell’Hamilton College dare tempo al tempo a volte paga, perché più ci si osserva e più ci si piace. E così, anche se magari non si viene colpiti da qualcuno al primo incontro, la stessa persona può iniziare a piacere al secondo sguardo. Al terzo sembrerà ancora più appetibile e al quarto si arriverà al top dell’entusiasmo.
Il test – riferisce il ‘Daily Mail’ – è stato condotto su 22 giovani senza legami, maschi e femmine. I ricercatori hanno mostrato loro una serie di fotografie che ritraevano dei volti, ai quali i partecipanti dovevano assegnare un punteggio. Durante l’osservazione, inoltre, l’attività cerebrale dei volontari veniva registrata. Si è visto così che i punteggi attribuiti aumentavano con visioni successive dello stesso volto, mostrato in ordine diverso. E in corrispondenza dell’apprezzamento, il macchinario di monitoraggio disegnava un picco per due tipi di onde cerebrali. Con grande sorpresa – commenta Ravi Thiruchselvam, docente di Psicologia alla Hamilton University, citato dal quotidiano britannico – sovente ci si scopre attratti da una persona dopo numerosi incontri, anche se all’inizio non c’era stata alcuna attrazione. La freccia di Cupido è spesso lenta a colpire”, osserva l’esperto ipotizzando che “una parte importante di questo fenomeno può essere riconducibile al cambiamento graduale associato alla ripetizione”. Più ci si conosce, insomma, e più ci si trova belli.
Secondo quanto si legge sul sito dell’ateneo Usa lo studio – intitolato ‘Beauty is in the belief of the beholder’ (come a dire che la bellezza non è negli occhi di chi la guarda, bensì nella convinzione dell’osservatore) – è stato pubblicato sulla rivista ‘Social, Cognitive, and Affective Neuroscience’ e mette in evidenza anche un altro aspetto significativo: oltre agli incontri ripetuti, sul giudizio pesano anche le opinioni altrui. Per ‘pilotare’ l’aspettativa degli osservatori, infatti, gli scienziati avevano pre-sottoposto le immagini utilizzate alla valutazione di un gruppo di pari che aveva espresso generale gradimento per i visi analizzati. In pratica, se non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, lo è ancora di più se piace anche agli altri.
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