C’era una volta (e c’è ancora) la Grande Muraglia cinese, c’è stato (e per fortuna non c’è più) il muro di Berlino, Poroshenko aveva avanzato l’idea, pare abortita su pressione della comunità internazionale, di innalzare una barriera a delimitare il confine ucraino da quello russo. E altri “schermi” proliferano ai quattro angoli del pianeta. Ultimamente sembra proprio tornato in voga il bisogno di innalzare divisori da vicini di casa un pò troppo invadenti. E pericolosi.
In questa scia si è inserita anche l’Arabia Saudita dove il re Abdullah ha deciso di erigere una propria Grande Muraglia a protezione dello Stato saudita dalle mire espansionistiche del califfato di al-Baghdadi. In realtà lo scopo, quando si decide di intraprendere iniziative del genere, non è mai univoco. L’erezione di una barriera di fronte all’imperversare dei fondamentalismi, e quello dell’Isis lo è più di tanti altri, assume anche una chiara valenza non solo difensiva ma di segnale forte che l’Arabia lancia al mondo occidentale, ormai impegnato a 360° nella lotta all’orrore che fa da sfondo all’edificazione del nuovo Stato Islamico: è vero, il comportamento di noi sauditi è sempre stato piuttosto ambiguo e noi per primi abbiamo contribuito pesantemente a finanziare l’ala più oltranzista della ribellione in Siria, ma abbiamo scelto da che parte stare. Quella di voi occidentali.
A corroborare questa presa di posizione che vuole essere netta, va segnalata anche l’emissione di un decreto religioso (la cosiddetta “fatwa”) con cui il Grande Mufti di Riad, Abdul Aziz al-Sheik, ha espresso la ferma condanna dello Stato Islamico, autorizzando, contestualmente, i musulmani d’Arabia a combatterlo. Una mossa intelligente che intende sottrarre agli jiadhisti qualsivoglia forma di legittimazione, anche religiosa.
Il progetto di Grande Muraglia prevede una doppia barriera di sabbia su cui saranno installate recinzioni lunghe centinaia di chilometri, 78 torri di sorveglianza e comunicazione, 50 telecamere, altrettante stazioni radar, 8 posti di comando, 32 postazioni per effettuare interrogatori. A presidio, ci saranno 3.397 soldati e 60 ufficiali supervisori. Ma ogni base verrà dotata anche di ospedale, prigione, una sede per l’intelligence, poligoni di tiro per le esercitazioni e persino moschee e luoghi di intrattenimento. Le aree di prossimità alle barriere diverranno, quindi, nuovi nuclei di vita pulsante a 360°.
Ora, se a muovere la monarchia saudita sia, come molti pensano, un mero interesse egoistico di affrancarsi il più possibile dall’ombra lunga del califfato, dettato da mera paura, è troppo presto per dirlo. Eppur qualcosa si muove…